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84 | i trionfi di eva |
da che Rabelais scrisse un suo mirabile trattato di pedagogia! Noi, i timidi, i pusilli, i lavoratori, formavamo il campo di sfruttamento. Sempre così, dovunque: nel vasto mondo e nel minuscolo collegio!
Dunque vi dicevo che al mattino c’erano due ore di studio a luce di gaz.
E una voce allora, beffardamente nasale, disse nel silenzio:
— Ho il piacere di annunciare ai compagni che abbiamo requisita, dopo debite e diligenti ricerche, una mastodontica scatola di dolci. Eccola!
Tutti si erano voltati: un gelo mi corse al cuore; era la mia scatola!
Mi levai, corsi per afferrarla.
— È la mia! — gridai, e molte braccia mi trattennero.
La voce seguitò imperterrita e sarcastica:
— Noi potremmo, a norma degli statuti che ci reggono, punire con la suprema pena dell’interdetto, come insegna la storia magistra vitæ, l’audace ribelle, il prepotente soggetto, detentore e occultatore di cose appartenenti alla proprietà comune.... Vero, signori?
— Sì, interdetto! — si alzò un coro di voci.
— Un momento, signori! Ma considerando la bontà eccezionale dei dolci e d’altronde volendo dare saggio della nostra magnanimità, così non terremo conto della grave ingiuria: summa iniuria!