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la seconda disillusione 151

credevo di trovarvi tutta la gloria, tutta la gioia di una nazione risorta. Invece ho trovato un’amministrazione, nulla più! In politica, in arte, in letteratura, nel giornalismo, nel parlare, nei costumi non ho trovato che un gran da fare per seguire il modello o di Parigi o di Londra o di Pietroburgo. Ben poca dignità nazionale. Fra i giovani coetanei che conobbi all’Università, i miei entusiasmi per l’Italia hanno trovato degli uditori freddi indifferenti. Da alcuni mi sono sentito anche deridere. Quello che ho trovato è stato solo questo: un gran malcontento di tutto e di tutti; un gran bisogno di bisticciarsi e di non essere soddisfatti di nulla. Mon Dieu! Io che vedevo nella mia fantasia un’Italia concorde, felice, innamorata delle sue bellezze e delle sue glorie. Che disillusione! Io che avevo studiato la storia d’Italia attraverso Dante, attraverso le sue conquiste d’Oriente.... Voi, per esempio, l’Oriente l’avete abbandonato totalmente, e pochi anni fa era vostro per tradizione, per memorie, per linguaggio...; attraverso le glorie di Venezia e di Firenze, attraverso le conquiste ideali dei suoi pensatori e dei suoi filosofi....! Pare impossibile: avete avuto nell’ultimo secolo dei giganti che avrebbero formato la coscienza ai morti, ultimo della serie il Carducci, un titano in cui sono compendiate le più pure virtù civili, e voi già lo mettete in fascio cogli altri vostri che sono morti e che hanno per ufficio principale da far da etichetta ai libri di testo per le scuole. Ciò è pietoso! Gli stessi scienziati, scrittori, letterati vostri non hanno valore se non quando il loro nome è stato battezzato all’estero: proprio come dei prodotti industriali vostri a cui vi vantate di mettere marca e nome inglese o francese....

Il signore sorrideva e diceva ogni tanto: — Esagerazioni!

Lui.... già esagerazioni! tutti mi hanno detto così. Io sono passato presso tutti per un farnetico. Per fortuna