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console Terenzio che vinto da Annibale, per suo errore, pur avea lodi e grazie solenni per non aver disperato de la salute de la patria!

Decrepita retorica, che fa sorridere di compassione chi ancora si occupa di retorica; eppure quanta primavera di opere eroiche sbocciò al tuo raggio, oramai tramontato per sempre!

Ma dopo la storia romana, luminosa e viva, cominciavano le tenebre.

Di tutto lo svolgimento del pensiero italiano egli non avea conoscenze che scarse e confuse: non avea in mente la storia di un popolo, ma soltanto alcuni nomi di grandi poeti ed artisti; figure colossali e solitarie che stavano a sè in un tempo morto fra un popolo morto: Dante, Petrarca, Rafaello, Michelangelo.

E di questi italiani che segnano il gran cammino de la patria ed accennano in alto, in alto ancora, egli non sapeva che il lato cristiano. Così ad esempio Dante, cui egli concepiva più come simbolo perfetto di sapienza non progressiva, piuttosto che come uomo, avea detto che l’impero di Roma era stato dall’imprescindibile volere di Dio