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la selvaggina, cioè tenendola prima e per lunghe ore in infusione con vino e spezie.
Salòlo: è un composto risultante dalla combinazione dell’acido salicilico col fenolo, che si usa in medicina come antisettico e come antipiretico (polvere bianca cristallina, insipida).
Salon e salone: salone in italiano vuol dire gran sala, nel senso di salotto è la parola salon, francese. In alcuni paesi la bottega da barbiere più elegante della città ha per antonomasia il titolo di Salone; nuova prova che ciò che è eccellente ama la voce straniera, o in altri termini, la voce straniera ha senso di eccellenza. | Salon dicesi anche la galleria ove si fa in Parigi l’esposizione periodica di pittura, scoltura etc., quindi l’esposizione stessa. In origine essa si faceva nel grand salon del Louvre, onde il nome.
Salon (vettura): V. Vettura Salon.
Salsamentario: ricorre nell’alta Italia: si riprende come voce di non buona formazione, ma parmi assai poco usata. Più usato è il nuovo vocabolo salumiere invece di salumaio e pizzicagnolo, toscano. E così tende a prevalere la parola salumeria.
Salsapariglia: dallo spagnuolo zarza = rovo (cfr. zarzuela) e Parillo, nome di medico che prima l’usò. È la radice di alcune specie di Smilax, pianta americana, a cui fu in passato attribuita gran virtù come tonico alterante, antireumatico, antisifilitico. Entra nella composizione di molte specialità farmaceutiche.
Salso: dicono volgarmente a Milano (sals) per erpete, eritema.
Saltamartino: voce volgare; vale grillo, locusta, dicesi anche di bimbo che mai non sta fermo, che ha l’argento vivo addosso. «Difficile però è determinare con precisione la specie cui viene attribuito, variando a seconda dei luoghi. In generale però viene dato agli ortotteri saltatori, cioè all’una o all’altra specie di Grillo o di Locusta» (Calegari).
Saltare agli occhi: è dai puristi notato come francesismo: sauter au yeux: italianamente, dar nell’occhio. Ma dar nell’occhio non è propriamente il saltar agli occhi, almeno sono due locuzioni usate con senso diverso. Certo non si dirà un vestito sfarzoso salta agli occhi e un errore dà nell’occhio.
Saltarello: non è soltanto diminutivo di salto, ma altresì nome di danza dell’Italia meridionale e di Roma, in misura sestupla di crome (tripla composta) e in movimento vivace.
Saitar la barra: locuzione delle caserme; vale uscire dal quartiere in modo clandestino, saltando impedimenti ed eludendo custodie; la qual cosa spesso fanno i soldati di notte per attendere a gozzoviglia e per svago.
Salto del montone: V. Panache.
Salto nel buio: per estensione figurata vale impresa disennata, coatta, disperata di cui non si possono prevedere le conseguenze. Locuzione familiare.
Saltuario, saltuariamente: per a pezzi, a sbalzi, a pezzi e bocconi, senz’ordine. «Voci sfarfallate» nota il Rigutini. (op. cit.).
Salus populi suprema lex esto: sintetico principio e criterio dell’arte del governare, scultoriamente così espresso in Cicerone (De legibus, III, 3): la salvezza del popolo sia legge suprema.
Salute, genti umane affaticate: famoso verso del Carducci nel Canto dell’Amore.
Salvagente: nota specie, di galleggiante, per lo più anulare, di tela imbottita di sughero, che si getta in mare per dare temporaneo appoggio a’ naufraghi, o caduti in mare. E detto anche gavitello di salvamento.
Salvaguardare: neol. foggiato sul verbo fr. sauvegarder: «goffissimo» lo dice il Rigutini: aggiungi «inutile» avendo tu telare, proteggere, custodire, difendere.
Salvataggio: per salvamento spiace ai puristi come tolto dal fr. sauvetage. Opere, Compagnia, Battello di salvataggio (V. Life boat) sono voci così dell’uso, chè niuno dice altrimenti. Con senso traslato chiamasi salvataggio nel gergo dei giornali e della politica l’arte e il segreto concorso del partito, dei consorti etc. per salvare uno dei loro (trattasi di personaggì di nome e autorità), il quale nelle sfrenate arti odierno di concussione, baratteria