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xiv Alfredo Panzini

trare nella letteratura non vuol dire entrare più nobilmente ed utilmente nella vita, ma entrare in un museo: tutto è antiquaria, e chi non è antiquario non è pregiato. Di ciò si doleva il Leopardi quando, giovane, si recò a Roma: ripetere oggi la stessa cosa sembrerà un paradosso o una malignità, eppure è il medesimo fenomeno dovuto a persistenti tenebre d’anima. Comunque sia, ho cercato di togliere in questo lavoro tale dissidio; così del pari ho evitato il troppo e il vano dell’erudizione, presentando non la troppo onorata selva selvaggia delle ricerche, ma il frutto della ricerca. Da ciò non mi verrà lode da parte di molti, ma spero di aver fatto cosa utile a chi legge.



Ora conviene rispondere ad alcune osservazioni che mi potranno essere fatte.

«Tutte queste parole, e specialmente intendiamo dire quelle prettamente straniere hanno implicita sanzione, avendole voi registrate?».

Questa è domanda di difficile risposta. Chi vuol saperne di più, legga le pagine che seguono, nelle quali si tratta Dello stato presente della lingua italiana, e troverà, se non la risposta, alcuni criteri per una risposta conforme a quelle due leggi supreme che sono la necessità e l’evidenza.

Per conto mio personale, tranne che a quelle parole che io chiamerei universali o internazionali, il mio pensiero ama di non essere soggetto, ma libero, e per ciò è veramente libero; e nell’idioma dei padri trova pieno moto di espressione e se ne compiace. Ma questo criterio è troppo soggettivo per avere valore. Io mi sono specialmente curato del fatto — come già ho detto dinanzi — che queste parole straniere si incontrano, si leggono con maggiore o minor frequenza, e perciò qui sono notate quasi a memoria di ciò che oggi è l’italiano dell’uso.

La risposta è diffícile anche per quelle parole che, pur di provenienza straniera, sono più o meno bene assimilate, tanto che l’universale del publico non ne riconosce quasi più l’impura origine; che si sono sovraposte a belle e buone voci nostrane, e dai lessici speciali della corrotta italianità vanno passando nei dizionari dell’uso.

La stessa Crusca, il gran dizionario che dovrebbe essere il codice ed il regolatore della lingua, nella sua nuova ristampa, che è giunta