Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
Cra | — 116 — | Cre |
gate, e da ciò la locuzione francese, dell’uso nel linguaggio della cucina.
Cravache: frusta corta con manico elegante e staffile di cuoio raddoppiato; usato dai cavallerizzi e nel linguaggio dello Sport. Dicesi che quel cavallo «è alla cravache», il quale, essendo presso alla meta, richiede quest’ultimo sforzo a sferzate (étre á la cravache, locuzione del gergo francese che vale figuratamente étre pressé, activé).
Creazione: è l’atto del creare; ma nel linguaggio della moda, seguendo l’uso di Francia, leggesi ne’ negozi e chiamasi creazione l’abito, il cappello, etc. di nova forma, l’ultima espressione di quell’arte dell’eleganza muliebre di cui Parigi tiene il primato del mondo tuttavia.
Credat Judaeus Apella: «lo creda il (superstizioso) giudeo Apella, non io perchè so che gli Dei menano vita beata, e se la Natura fa qualche portento talora, non sono gli Dei corrucciati a mandare giù i miracoli dal cielo». Orazio, Satire, I, V, 40 e segg.
Credito fondiario: istituto sancito dalla legge 14 giugno 1866 ed esercitato da alcuni Banchi (di Napoli, Cassa di Risparmio di Milano, di Bologna, etc.) che ha per oggetto di prestare, per prima ipoteca sopra beni immobili e sino alla metà del loro valore, somme rimborsabili con amortamento. V. la parola fondiario.
Credo: dicesi per professione di fede. Es. credo naturalista. Ebbene anche questa estensione del Credo (Simbolo degli Apostoli, professione di fede Cristiana) è tolta dal francese: credo = profession de foi, aveu.
Credo quia absurdum: credo perchè è inverosimile, cioè perchè contrario a ragione. Sublime paradosso di S. Agostino in sostegno della fede, la quale non ha nè può aver base razionale.
Cremare, cremazione, crematorio: sono neologismi formati dal latino cremare = bruciare, ardere, detto specialmente dei cadaveri, opposto di inumare, seppellire. Se non ci fosse l’omonimia spiacevole io non troverei di che condannare come fa il Fanfani questi neologismi: del resto l’uso sancisce e i diz. li registrano.
Crémaillère: voce francese d’origine, pare, germanica. Crémaillère significa una speciale via ferrata, per le fortissime salite, e consiste in una terza rotaia in cui calettano i denti di una ruota intermedia del treno. Il Fanfani propone strada ferrata dentata o a denti e dentiera o seghetta la rotaia munita di denti. Si può in fatto di lingua proporre i più bei vocaboli (non è il caso del Fanfani!) e in pari tempo far l’opera più inutile. Anche Platone ha scritto il libro della Republica, e Campanella la Città del Sole! Crémaillère fu tradotta in cremagliera e ne’ manifesti ferroviari si legge ad ingranaggio, che è voce più semplice, più facilmente intesa e meno anfibologica di quelle del Fanfani. Ancora: da crémaillère, che propriamente significa la catena del camino, è formata la frase «appendere la crémaillère» per dire festeggiare la casa nova. Locuzione della nostra gente fine e mondana.
Crème: crema (lat. cremor, liquore denso). Questa parola è usata talora francesemente in vece di rosolio, come crème di rosa, di albicocche, di prugne. Crèm, dicesi di preparati per le mondizie della pelle, dei denti, etc. Crème inoltre significa il fior fiore, la parte eletta (l’eletta), con speciale riguardo all’eleganza e alla mondanità, e traducesi anche goffamente in crema che in buona lingua significa il piatto dolce di uova latte e zucchero rappresi a fuoco lento. In codesto significato molte altre voci straniere adopransi che sono a loro luogo notate, come élite, fine-fleur, high-life, pschutt, etc. Il Rigutini difende la voce crema nel senso di fior fiore della cittadinanza. E nessuno vieta cotesta difesa. Solo si nota che il traslato familiare di crema = fior del latte, al nuovo senso è tolto dal francese, tanto è vero che si pronuncia alla francese.
Creosoto: liquido oleoso incolore, che si ottiene dalla distillazione del catrame del legno di faggio: ha efficacia caustica ed antisettica. (La parola è formata dal greco kréas = carne e sózein = conservare).
Crepapelle: parola usata nella locuzione familiare: ridere a crepapelle.