Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
Cor | — 113 — | Cor |
veneziano Giacinto Gallina, il quale titolo felice acquistò valore di intercalare.
Cosmòpoli: neol. città mondiale.
Costui: (dal latino èccum-iste-hic) nelle grammatiche è notato come pronome di persona vicina alla persona cui si rivolge il discorso = cotesto. Ma non si accenna a un certo senso spregiativo che è racchiuso in costui. Tale senso però ve lo annette il popolo e giustamente lo notano alcuni lessicografi. Se non propriamente spregiativo, certo noi talora diciamo costui per evitare di nominare persona di cui ci spiace dire il nome, o altrimenti umanamente indicarlo. I demoni del Canto VIII dell’Inferno, indicando Dante, dicono:
Chi è costui che senza morte
Vien per lo regno della morta gente?
Costume: «per foggia, maniera particolare di vesti, seguita da un particolar ordine di persone o da un dato popolo, ovvero in una determinata età, è voce italianissima, usata da ottimi scrittori. Dove incomincia il gallicismo è quando si trasferisce dalla foggia o maniera di vestire alle vesti istesse, come: Indossava un bel costume, V’erano al ballo costumi ricchissimi: oppure quando si adopera senza alcuno aggiunto che lo determini, dicendosi: Ballo in costume; Scuola del costume, come dicono oggi i pittori: Vi andò in costume, Non si ammettono i costumi e simili». Così il Rigutini e assai bene e chiaramente detto. Coutume nome fem. fr. deriva dall’italiano costume (da consuetunne, consuetudine) o meglio costuma come diceasi in antico.
Consummatum est: è finito! (il sacrificio dell’uomo Dio) Vangelo di S. Giovanni, XX. Dicesi spesso por celia.
Cote: voce fr. rispondente a quota, cioè parte, lat. quotus = quanto volte o parti, ondo coter = numerare, quotare e quotizzare (fr. cotiser) determinare la parte di ciascuno. Nel linguaggio delle corso sono dette cotes le probabilità di ciascun corridore. Tableau des bookmakers.
Coteletta: invoco costoletta è manifesto ed inutile francesismo, usato anche dal popolo. Proviene dal francese cótelette diminutivo di còte = costola.
Coterie: per l’etimologia della parola V. lo Scheler. Oggi questa parola francese usasi per indicare una compagnia, una congrega di persone che strologano intorno ad un comune interesse, consorteria, cricca; ed anche nel senso di persone che vivono fra di loro in dimestichezza e diletto con esclusione di altri. V. Camarilla.
Cotica: voce comunemente usata in vece della toscana cotenna: lat. cuticula, diminutivo di cutis. Parlando di terra, vale strato superiore, piota (G. Gherardini, op. cit.).
Cotillon: nota specie di danza figurata, con giuochi, doni e sorprese che si balla con molto diletto in fine di una festa. Appartiene al genere dei balli che i francesi dicono branles = dondolamento; da cotte e cotillon = sottana, gonnella di contadina, tedesco kutte, inglese coat, italiano cotta. Il rapporto tra cotillon gonna, e cotillon ballo mi è sfuggito. Probabilmente si deve riferire a qualche costumanza di esso ballo. Secondo il Littré converrebbe scrivere cottillon.
Cotognata: specie di melata o di dolce candito, solido, fatto con la confezione delle mele cotogne. Il Petrocchi porta cotognato = conserva e gelatina delle mele cotogne; il che significa che in Firenze così si dice: ciò non toglie che non si possa dire anche cotognata. Codognata (milanese codognada) fu pur usata dal Bembo, il quale, pur non essendo fiorentino, scriveva con eletta ed esemplare italianità; lo stesso intervenne al Castiglione, lombardo; al Tasso, altro non toscano; all’Ariosto, emiliano o lombardo che dir si voglia.
Cottage: capanna, villetta, rustica ad arte. Termine inglese, entrato in Francia e quivi pronunciato alla francese.
Couoliette: fr. cuccetta, tettuccio.
Coulisse: in francese è l’incastro in cui si muove un telaio, quindi il telaio stesso, e perciò coulisse significa quinta, nel linguaggio teatrale; e per maggior estensione tutta quella parte del palcoscenico che non è in vista del publico. Questa parola coulisse è nota da noi nel senso figurato, cioè por indicare il retroscena di un affare. Es. Voilà ce qu’on dit en pu-
A. Panzini, Supplemento ai Dizionari italiani. | 8 |