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346 Diario sentimentale


Fisicamente io ero immondo. Ma nell’anima sentivo certe leggerezze, un senso così vasto della vita! La voluttà dei mistici! Dante mi bagnava l’anima. Ho avuto vere èstasi ripetendo il verso: «l’ora del tempo e la dolce stagione». Sempre questo verso!

Ero meravigliosamente lùcido e sano. Sa che parlavo di Socrate ai soldati, nelle trincee? Dicevo loro: «Non state bene quando dormite?» Oppure: «Là staremo meglio che di qua, perchè non ci saranno pidocchi, non dovremo dar da mangiare ai figli, non pagare l’affitto. Non ci saranno pallòttole. Dunque, o dormiamo o ci sarà qualcosa di mèglio». Come si rasserenavano! In fondo, noi non siamo cristiani. Occorre però non sentire ammirazione per l’umano sapere: essere convinti che non si costruisce niente, nè col libro, nè con la meccànica.

Un equilibrio così perfetto di fronte alla morte era cosa divina. La non soddisfazione eròtica mi dava un senso immenso di forza. E tutto questo perchè abbiamo letto Platone. Io sento una continuazione di me nella morte: lo sento con ottimismo. Eppure non credo nell’anima mia!

No! noi non siamo cristiani! Per quanto io sia certo che vi sia il nulla, morendo non perdo nulla della vita, perchè nella vita non c’è che il