fatto identità. Le favole degli antichi nostri, raccogliendo molto
in poche parole, sono il prodotto di menti serene, di fantasie meridionali ed artistiche, di una immaginazione ridente come il cielo di
Italia e di Grecia, — le favole proprie delle streghe sono oscure,
paurose, annebbiate di quel misticismo che è retaggio speciale di
genti settentrionali, figlie di una mitologia bellicosa, tempestosa,
cavernosa, e sono, diciamolo pure, inquinate da certe sudicerie
puzzolenti, che ripugnano al senso estetico delle popolazioni di sangue latino.1 — Alcune favole della poesia classica sono passate ad ogni modo ad arricchire il patrimonio della stregheria, e tra queste, quella che parmi abbia maggior importanza per noi è quella delle “Striges.„ Non rincresca all’indulgente lettore se
ne dico alcuna cosa, perchè servirà a far vedere da un caso singolare, come e con quali mutazioni la creazione fantastica dei classici è passata nella leggenda delle streghe. — Da Ovidio sappiamo che cosa fossero e che cosa facessero le “Striges„ — dalla qual voce discende l’italiano Strega, e l’appellativo del latino barbaro e dei nostri dialetti Stria. —
Sunt avidæ volucres, non quæ Phiueïa mensis
Guttura fraudabant, sed genus inde trahunt.
Grande caput, stantes oculi, rostra apta rapinis,
Canities pinnis, unguibus hamus inest.
Nocte volant, puerosque petunt nutricis egentes,
Et vitiant cunis corpora rapta snis.
Carpere dicuntur lactentia viscera rostris,
Et plenum poto sanguine guttur habent.
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- ↑ Chi voglia avere sott’occhio per i necessari confronti le opere che si attribuivano a chi possedeva l’arte della magia veda, fra il resto: Omero, Odis. L. X e XI, Teocrito, Id. II, Luciano, l’Alcione, l’Asino, il 4° dei dialoghi delle cortigiane, Apulejo, l’Asino d’oro; e fra gli scrittori latini Tibullo. Eleg. I. 2. 59, I. 8. 17. Orazio, Sat. I. 8. 20. Epist. A. P. 338, Epod. V. XVII, Virgilio, Ecl. VIII, Eneide VI, Ovidio, Amor. I. 8. 5., Heroid. IV 83, Met. VII, 177, ecc. ecc. Per dire il molto che se ne potrebbe raccontare in brevi parole, le incantazioni si facevano con iscongiuri, cerimonie, filtri, immagini, ossa, erbe o pietre di misteriose virtù, per la massima parte da donne co’ capelli sciolti, discinte, scalze, di notte, a lume di luna, e queste maghe davano ad intendere d’essere in grado di strappare gli astri dal firmamento, di farli stillare sangue, di evocare i morti