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quando, dopo il 1830, il teatro rumeno cominciò ad affermarsi, che anzi il primo non vide neppur mai la luce per le stampe1. Del resto sottoscrivo di gran cuore alle belle parole del Galletti, colle quali mi piace chiuder questo capitolo sulla fortuna del Metastasio in Rumania, memore delle piacevoli ore trascorse nella lettura delle soavi scene dell’Attilio Regolo e della Didone, quando non ancora codesto tristo mestiere di critico mi rubava alla compagnia consolatrice dei più alti spiriti che abbiam mai onorato e reso sopportabile questo nostro misero mondo: „Lo squisito, il sottile, il melodioso genio metastasiano offerse non all’Italia soltanto, ma si può dire a tutti gli stranieri capaci di sentimento poetico, in una coppa elegante e delicatamente cesellata un sorso di quella poesia, una goccia del filtro magico e persuasore di sogni, di cui parevano allora dovunque esauste le fonti. I limiti della sua fantasia e del suo sentimento parvero angusti alle generazioni che vennero poi: e veramente egli non fu che il poeta dell’amore, delle contraddizioni, delle illusioni, delle disperazioni amorose; stese un velo di sospirosa o giocosa melodia sulle varie e sottili complicazioni di questo tema eterno dell’arte umana, ma qui egli fu veramente poeta: il poeta più vario e delicato che l’Europa abbia avuto in quel secolo: l’erede e il successore legitimo, sebbene meno profondo e civile, del Racine”2.
- ↑ Le medesime ragioni valgono a spiegare come Budai-Deleanu non continuasse la traduzione che aveva intrapresa del Temistocle. Cfr. il citato articolo di G. Bogdan-Duică, Despre Țiganiada, ecc., in Convorbiri Literare, XXXV (1901) p. 484, n. 3.
- ↑ Cfr. la recensione cià citata del Galletti al volume del Maugain sull’evoluzione intellettuale dell’Italia dal 1657 al 1750 nel Giorn. st. d. lett. it., LVIII, 221