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(Vienna, 1797), son tutte posteriori alla prima traduzione veneta del 1779, che comprendeva soltanto: l’Artaserse, l’Adriano in Siria, il Demetrio, la Clemenza di Tito, il Siroe e il Catone in Utica. Con tutto ciò, è possibile che anche altre traduzioni di drammi metastasiani circolassero manoscritte in Rumania, quando, il 1784, Alexandru Beldiman traduceva a Iassy, probabilmente dal greco, la Clemenza di Tito. Ad ogni modo, per ciò che riguarda questa traduzione, non c’è bisogno di ricorrere ad un manoscritto immaginario, poi che proprio con la ΕΥ᾽ΣΠΛΑΓΧΝΙ´Α ΤΟΥ῀ ΤΙ´ΤΟΥ s’apre il secondo volume dell’edizione veneta surricordata. A proposito della quale sarà bene avvertire che manca del nome del traduttore, malgrado il solito Παπαδόπουλος Βρέτος ci faccia sapere trattarsi d’un tal Tommaso da Rodi (Θομάς ὁ Ῥόδιος), del quale non è qui il caso di parlare1. La traduzione del Beldiman2 è inedita e si trova nel ms. 181 della Biblioteca Academiei



  1. Cfr. Παπαδόπουλος Βρέτος Νεοελληνικὴ φιλολογία κτλ. Ἐν Ἀθήναις, 1854, Μέρος Β´, 1854, pp. 70 (n. 158 e non 183 come è stampato per errore nell’Ἀλφαβητικὸς πίναξ sotto il nome di ΡΟΔΙΟΣ Θωμὰς) e 332.
  2. Cfr. Ionnescu-Gion, Vornicul Alecu Beldiman in Portrete istorice già citati, loc. cit., e N. Iorga, Ist. lit. rom. în sec al XVIII-lea, II, 440 sgg., e, per ciò che riguarda le notizie biografiche, II, 87 (e non 81 come nell’indice onomastico in fine al volume). Nato ad Huși il 1760 dal Banu Gheorghe Beldiman, percorse tutta la scala delle cariche di corte da Ceauș (1785) a Vornic (1819), finchè, „după stabilirea în Scaun de Ioan Sandu Sturdza a căriu Domnie îșĭ propunea s’o descrie”, |„... dopo l’assunzione al trono di Ion Sandu Sturdza, il cui regno si proponeva di descrivere”) si ritrasse dai pubblici negozi „spre care nici o dată nu șĭ simțise o deosebită aplecare”, |„ai quali non și era mai sentito in particolar modo inclinato”) e „se zăbăvi cu tălmăcirile” |„... si distrasse con le traduzioni”|, antica e cara sua occupazione „de gelos și harnic cărturar” |„...di zelante e laborioso letterato”|. Era ormai vecchio di sessant’anni e poco poteva più tradurre. La morte lo colse a Jassy (come par probabile) nei primi giorni (1-6) del gennaio 1826. Cominciò la sua camera di traduttore proprio con la Clemenza di Tito del Metastasio (1784) e la terminò due anni prima di morire con quella dei Viaggi del Coxe. — Dopo il primo tentativo (ch’egli stesso dovè accorgersi non esser punto riuscito), non si lasciò scoraggiare dalle difficoltà incontrate nella traduzione del melodramma metastasiano; ma aspettò quasi vent’anni a rinnovarlo. Non prima infatti del 1803 appare la seconda traduzione del Beldiman, ed è quella dei Menechmi del Regnard, cui seguiranno a piccoli intervalli Elisaveta sau cei surguniți în Siberia (1815); la Manon Lescaut dell’abate Prévost (1815); la Istoria lui Raimundu, scoasă din Decameron a Franții (1815); la Mortea lui Avel del Gessner (1818); la Tragedia lui Orest del Voltaire (1820); la Istoria