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Quando spezzai la catena del mio servaggio,
Dio, che lotte, che duri strazi!
Mi pareva d’essere nelle mani della Morte.

Pure, alla fine, il poeta seppe vincersi. L’indifferenza dominò il suo spirito e gli occhi gli si rivolsero verso una nuova stella:

Nè la tua molto lodata bellezza,
nè i tuoi inganni sapranno trovare
un tale amante quale io son fiero d’essere.
Ti perdo, ma la nera sorte non mi par cruda,
poi che un’altra ingannatrice
m’è assai facile trovare.

Era la sig.-a *** codesta „ingannatrice”? Può darsi. Per quanto riguarda il nostro studio, la vita sentimentale del poeta finisce qui”1.

Tutto questo potrebbe ammettersi, qualora, pur trovandosi in una poesia apertamente confessata non originale, i versi citati dal Lovinescu non risultassero derivati dal Metastasio e tradotti alla lettera dalla versione del Rousseau. Invece poi che quasi un secolo prima l’abate italiano chiudeva la sua canzonetta a Nice colla strofe:

Io lascio un’incostante;
Tu perdi un cor sincero;
Non so di noi primiero
Chi s’abbia a co solar.
So che un sì fido amante
Non troverà più Nice;
Che un’altra ingannatrice
È facile trovar;

e che il Rousseau la traduceva (strapazzandola, a dir vero, un po’ troppo):

Tes appas, beautè trop vaine,
Ne te rendront pas sans peine
Un aussi fidèle amant.
Ma perte est moins dangereuse;
Je sais qu’une autre trompeuse
Se trouve plus aisèment;



  1. Lovinescu, op. cit., pp. 186 sgg.