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Libertà! Magica parola! Ci si presenta il ricordo di una piazza di Napoli affollata di popolo plaudente, di un poeta improvvisante:

Dalle nolane mura
     La libera coorte
     Gridando: „A Monteforte!”
     Alza il vessillo e va.
          La cittadina tromba
     Lieta squillar s’ascolta,
     Non sogno questa volta,
     Non sogno libertà!

Ah, ecco, ricordiamo. La costituzione di Napoli, la rivoluzione del ’21, Gabriele Rossetti tutto acceso di nobile entusiasmo, ma che di lì a poco sarà costretto a cambiar tono, maledicendo al re empio e spergiuro:

Re fellon che ci tradisti,
Tu rapisci e non racquisti,
Maledetto, o re fellon,
Sii dall’Austro all’Aquilon!

A ben altra Libertà inneggiava, prendendo le mosse dai versi dal Metastasio, il povero Rossetti! Pure il solo fatto che, in tal momento, poco propizio davvero a reminiscenze arcadiche, quei versi potessero assorgere a un così alto significato, depone, sì della popolarità che ancora il 1821 godeva (e continuò del resto a godere fin quasi a’ giorni nostri) la deliziosa canzonetta metastasiana, che del giudizio ben diverso che i nostri padri facevano dell’efficacia civile d’un poeta, cui lo stesso Carducci, testimone non sospetto di soverchia tenerezza verso l’Arcadia, canterà in nobilissimi versi „mastro di virtude” e „degna d’altri giorni „alma romana”.

Orbene, tra le poesie (ed. 1847) di Grigore Alexandrescu (1812-1885), se ne trova una intitolata Nina, della quale basta leggere soltanto le prime strofe per ravvisare in essa una traduzione, un po’ libera se vogliamo, ma ad ogni modo una traduzione della canzonetta famosa:

După atâta cochetărie,
Și necredință și viclenie,
In sfârșit, Nino, simț că trăesc!