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a suo nipote Jancu Văcărescu gioverà la poesia del Metastasio, quando „all’antica cadenza religiosamente conservata” vorrà innestare il profumato fior della rima1. Sia infatti che Ienă-



  1. Anche nella poesia di Ienăchiță troviamo la rima, però dietro l’esempio della poesia greca. Basta infatti dare un’occhiata alle poesie del Christopoulos per convincersi come il Văcărescu non abbia fatto che trasportare in rumeno i medesimi tipi di strofe che trovava usati dal Christopoulos nelle sue anacreontiche. Una delle strofe più comuni nelle poesie del poeta greco è infatti:

    Θαυμαστοὶ, κρασοπατέρες
    ταῖς γαβαθαῖς σὰν μαχαίραις
              Ξεπαθῶστε μιὰ φορά·
    Κι´ ἀπὸ δύω καὶ δύω μονάχοι
    Σὰν ἀνδρεῖοι μονομάχοι
              Ἁς ῥουφοῦρε τολμηρά.

    E il Văcărescu:

    A socoti ca poate
    Un om să facă toate
             Orĭ câte va gândi,
    Nu-i duh de isteciune,
    Nici semn de’nțelepciune,
             și n’o va dobândi.


    Il metro è alquanto diverso:


    per quanto, nella seconda parte della strofe, coincida in tutto, meno che nell’ultimo piede del sesto verso ( invece di||) , con quello della