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sul

CARME DEI SEPOLCRI

Articolo estratto dal giornale italiano N.º 173
22 Giugno 1807.




Cominceremo dal rallegrarci col sig. Foscolo, per non aver egli imitato Socrate, e Diogene nella loro indifferenza, e nel loro disprezzo per le sepolture. Ei non pensa col primo, che sia eguale d’esser gettato al letamaio, o rispettosamente deposto nella tomba; e molto men col secondo, che sia gradevole l’esser divorato dai cani, dagli avoltoi, o l’essere decomposto dal sole, e dalla pioggia. Si vede che il nostro poeta è realmente persuaso che il sonno della morte

“è men duro
     «All’ombra de’ cipressi, e dentro l’urne
     «Confortate di pianto”

Ei vorrebbe ancora che dopo la di lui morte, si mettesse sulla sua tomba1 un sasso che

  1. “Qual fia ristoro a’ dì perduti un sasso
    “Che distingua le mie dalle infinite
    “Ossa che in terra e in mar semina morte?


    S’ella avesse concepita la forza di questa frase, io non le desterei il rimorso d’aver calunniato d’arroganza l’autore, che nè qui, nè mai chiede un sasso distinto per se.