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78 | GUERRE PERSIANE |
CAPO XVI.
I. Di tal passo procedevano le romane faccende. Cavado però, sebbene vinto, non sapeva decidersi a ritirare le sue truppe; ma Rufino, andato ambascìadore in Persia, arringollo di questo tenore: «Tuo fratello, o re, col mezzo mio teco si querela giustissimamente come armati Persiani violassero senza motivo i nostri confini: quando meglio converrebbe a potentissimo, ed a più che potente assennato monarca il preferire di continuo alla guerra la pace, anzichè valersi di questa a suscitare nimicizie dannose ai proprj sudditi ed ai popoli confinanti. Il desiderio adunque e la speranza di togliere ogni discordia tra’ due regni, e di rendere ad essi la perduta tranquillità qui mi hanno condotto».
II. L’ambasciadore tacque, ed il Persiano rispose: «Lunge mai sempre, o Romani, fu dal mio animo l’accozzare pretesti di guerra, nè v’è chi ignori doversi rifondere sopra voi la cagione principalissima di tutte queste contese. Nostre sono le Porte Caspie, da me cacciatine i barbari a comune vantaggio di Persia e di Roma. Imperciocchè Anastasio imperatore, e tu pure il sai, venendogli offerte, disdegnò farne acquisto a danaro1, giudicando non profittevole al suo