terra, e mozzagli, siccome a vittima, il capo. L’esercito imperiale accolse il vincitore con grida di gioia, ma i Persiani vie più irritati dal tristo evento metton fuori un secondo campione de’ più ardimentosi, e di taglia eccedente la comune misura: non però, a simile del suo antecessore, nel primo vigor degli anni, e qualche bianco crine facevane testimonianza. Eccolo dunque avvicinarsi all’esercito romano, e squassando lo staffile gastigator del cavallo domandare se tal vi sia pronto a combatter seco. Immobili gli altri tutti e silenziosi, torna in campo Andrea nulla curante il divieto avutone da Ermogene. Segnalaronsi entrambi nell’adoperare coraggiosamente le armi loro, i colpi delle quali con grande fracasso andavano ad investire gli usberghi. Nella zuffa però i destrieri, urtatisi con impeto violentissimo di fronte, caddero a terra seco trascinando i combattenti. Il Persiano volle tosto rizzarsi, ma non consentendovi la voluminosa mole del corpo ed il peso delle armi 1, fu vinto da Andrea, più snello
- ↑ Le armi tanto offensive quanto difensive usate anticamente dai Persiani erano: l’acinace, corta spada alla foggia di quelle, secondo Giuseppe Flavio, solite adoperarsi dai sicarii (Antich. giud., lib. xx; V. inoltre Diodoro, lib. xvii; Esichio; Suida, ec.). La copide, altra specie di spada che pendeva loro dalla destra (Plut., Vite di Alessandro e di Aristide), ed il cui ferire, a detta di Polibio, provenendo da alto in basso recava danno maggiore di quello fatto dalle comuni spade; così poi è definita da Q. Curzio: Copides vocant gladios leviter curvatos, falcibus similes, queis amputabant belluarum manus (lib. viii). La sagari, arma pur questa foggiata a guisa di spada (V. Senofonte, Anabasi, lib. iv;