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420 GUERRE VANDALICHE

Imperciocchè egli con magnifico apparato di spoglie e di trofei e preceduto dai prigionieri venne trionfando per mezzo Bizanzio, non però alla foggia antica, ma dalla propria casa partitosi a piedi giunse all’Ippodromo, e di qui al luogo dove s’ergeva il trono dell’imperatore1. Tra le spoglie vedevi tutta la suppellettile spettante in addietro al re vinto, aurei troni, pompose e gemmate carrette su cui andava a diporto la consorte di lui, vasi d’oro e così pure l’intiero apprestamento della reale mensa; argento a miriadi di talenti2, ed in fine tutti gli arredi sontuosissimi e preziosissimi del palazzo di Roma, tolti da Gizerico nel mettere a sacco la città, come ho a suo tempo narrato3.

II. Fra le antedette suppellettili eranvi ancora de’ sacri vasi di molto pregio tolti agli Ebrei, e portati a

  1. Con tre maniere di trionfo guiderdonavansi gli antichi generali tornando vittoriosi in Roma. Se reputati degni del trionfo maggiore, essi entravano nella città coronati d’alloro, su carri tirati da quattro cavalli, e sacrificavano tori. Se del secondo, detto propriamente ovazione, cingevansi la fronte con una corona di mortine, ed ivano a piede col popolo dietro gridante per letizia o, o, o, o, dalla quale esclamazione derivarono forse le parole ouare oppure ovare ed ovazione. Dissi forse perchè Plutarco le vuole provenienti dal sagrificio fattovi d’una pecora (nomata ovis dai Latini) in cambio d’un toro. Se del terzo, ogni loro pompa consisteva unicamente nelle insegne trionfali: ciò basta per comprendere a quale delle tre specie debba riferirsi il trionfo di Belisario. Sull’uso e l’ordine dei trionfi vedi F. Noferi Panvini; e sulle cagioni loro Agellio (lib. v, cap. 6).
  2. Numero corrispondente a dieci mila.
  3. Lib. i, cap. 5, Guerre Vandaliche.