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260 | GUERRE PERSIANE |
sustituì ad essi Marcello ancor tenero figliuolo del fratel suo, e Constanziano, spedito poco stante con Sergio ambasciadore a Cosroe per trattare la pace. Questi incontrarono il re nell’Assiria, laddove ergonsi due grandissime città, Seleucia e Ctesifonte, divise non da regione comunque ma dal solo Tigri, ed opera dei Macedoni, cui obbedirono dopo Alessandro di Filippo i Persiani e le vicine genti1. Venuti pertanto al suo cospetto fecergli istanza di rendere ai Romani i castelli della Lazica e di confermare le proposte convenzioni. Ma egli rispose che prima di sottoscrivere una pace stabile tra loro si dovea rimanere d’accordo per una tregua, durante la quale fosse lecito alle ambascerie di oltrepassare i proprii confini senz’ombra di pericolo per venire a parlamento e conversare insieme, unico mezzo di rendere l’amicizia loro eterna; ma questa tregua volersi ottenere dai Romani con danaro e col mandargli di soprappiù Tribuno a dimorare qualche tempo seco; professava costui medicina, ed avendolo risanato da grave malattia eragli divenuto accettissimo. Alla riferta delle reali domande Giustinino spedì tosto in Persia Tribuno e venti mila aurei2, e così, ricorrendo l’anno decimonono del suo imperio, fu sottoscritta una tregua di cinque anni3.
II. Areta dappoi ed Alamandaro, condottieri di Saraceni, guerreggiarono tra loro senza aiuti dell’impe-
- ↑ V. nota cap. 3, § 4 di questo libro.
- ↑ Deux mille marcs d’argent (Cousin).
- ↑ Anno dell’era volgare 546.