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218 | GUERRE PERSIANE |
antedetta, come portava la consuetudine delle romane truppe.
III. Ma la soldatesca di Pietro sprezzando la salutare ammonizione ed oppressa dal meridiano calore, intensissimo sotto quel cielo, depose le armi, e non guardinga affatto dal nemico, iva mangiando, sparta nelle campagne, i fichi. Nabade accortosi della faccenda corre di fretta a sorprenderli; se non che i Romani favoriti dall’elevazione del campo loro, al vederli uscir delle mura tosto mandarono pregando Belisario di aiuto, ed intrattanto, dato di piglio tumultuariamente alle armi, procedettero di per sè ad incontrarli; il soccorso inoltre di Belisario prima che giugnesse l’avviso, congetturando l’avvenuto dal polverio, erasi posto in marcia per quella volta. Ma non arrivò a tempo da impedire che le truppe di Pietro cedendo all’impeto degli assalitori volgessero le spalle al nemico, il quale ostinato nel combatterle s’impadronì dello stendardo imperiale ed uccise cinquanta Romani1, e tutti costoro senza dubbio avrebbero incontrato l’egual sorte se Belisario coll’esercito presto non compariva a sostenerli. Conciossiachè i Persiani meno valorosi dei Goti, che primi, ben serrati e muniti di lunghe picche aveanli affrontati, diedersi alla fuga, e colla perdita di cencinquanta individui nella breve ritirata, corsero entro le mura; dopo di che tutti gl’imperiali tornarono al campo del condottiero 2. I barbari la dimane, posto qual trofeo
- ↑ Cinquecento scrive il Cousin.
- ↑ Procopio nel cap. 4 della Storia Segreta dà a questa piccola avvisaglia il nome di sconfìtta. Ivi il duce persiano è chiamato Nabida.