Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
LIBRO SECONDO | 185 |
eterna addiverrebbe la guerra, e ferini i costumi di tutti coloro che v’hanno parte. Rispondiamo inoltre alle tue accuse contro l’imperator Giustiniano, aggravandolo di aver mancato il primo ai patti, che s’egli per nulla vi disobbedì a torto or tu ci guerreggi, se poi innocente nol credi, è forza che pur ti contenti della vendetta sin qui presane, e lasci una volta di fornire nuovi motivi ai nostri lamenti, palesandoti così migliore di lui; mercechè essere ne’ mali inferiore indica a buon diritto superiorità quando ragionar si voglia di beneficenza; quantunque siam certi che l’imperator nostro rispettò ognora i fatti accordi. Laonde cessa, te ne preghiamo, da queste ingiurie contro de’ Romani, disutili a fe’ nostra alle tue genti, ed a te stesso di venun profitto, salvo quello di manifestarti colla più abbominevole di tutte le perfidie soperchiatore de’ tuoi confederati».
V. Gli ambasciadori tacquero, e Cosroe proseguì a sostenere che il principio dei mali veniva da Giustiniano, ed annoverò eziandio alcuna delle cagioni di essi; cagioni per verità non tutte immeritevoli di confutazione, ma nella maggior parte ben frivole e da non volersi nullamente attendere. In ispecie erano per lui forte motivo di guerra le scritte imperiali ad Alamandaro ed agli altri Unni, di cui abbiamo già tenuto discorso1; non di meno si guardò dal proferire e dall’asseverare che uom romano avesse violato i confini della Persia, o trattatone ostilmente gli abitatori.
- ↑ V. il cap. i di questo libro.