Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/184

162 GUERRE PERSIANE

fatto ed il ricevuto danaro, contraendo per essi obbligazioni tali, che non giugne sofisma alcuno a render vane. Immensa è la saggezza del Nume ed infinitamente superiore ad ogni umano cavillo». Il re omise di rispondere a questa lettera, e fe rimanere in Persia Anastasio portatore di lei.


CAPO V.

Cosroe, rotta la pace, entra con forte esercito in quel dell’imperio. — Omette l’assedio del castello Circesio e della città di Zenobia. — Circondata Sura, città, e presala d’inganno, l’abbandona al furor delle truppe. — Restituisce per danaro a Candido, vescovo di Sergiopoli, i fattivi prigionieri.

I. Nell’anno decimoterzo dell’Imperio di Giustiniano1, terminato il verno, Cosroe figlio di Cavado assalendo con poderoso esercito i romani confini ruppe la così detta pace aparanta2, cioè senza limiti, e si diresse, lasciata la Mesopotamia, laddove scorrevagli l’Eufrate a destra.

II. Sull’opposta ripa del fiume havvi un munito castello nomato Circesio3, ultimo di pertinenza romana,

  1. Anno 540 dell’era volgare.
  2. V. lib. i, cap. 22, § 1.
  3. O Cercusio, o Circesso. Di tale castello scrisse Ammiano (lib. xxiii, cap. 11); Tendens imperator (Julianus) Cercusium principio mensis aprilis, ingressus est munimentum tutissimum, et fabre politum, cujus moenia Abora et Euphrates ambiunt flumina, velut spatium insulare fingentes. Diocleziano ha il merito d’una parte di esse fortificazioni, essendo stata sua mente di renderlo un baluardo dell’imperio. Ora ha nome Kerkisia.