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la quale disputa ho considerato come alcuni meno inonesti vogliono ch’ella sia Toscana; alcuni altri, inonestissimi, la chiamono Italiana, ed alcuni tengono, ch’ella si debba chiamare al tutto Fiorentina; e ciascuno di essi si è sforzato di difendere la parte sua in forma, che restando la lite indecisa, mi è paruto in questo mio vendemmial negozio scrivervi largamente quello che io ne senta, per terminare la quistione, o per dare a ciascuno materia di maggior contesa. A volere vedere adunque, con che lingua hanno scritto gli scrittori in questa moderna lingua celebrati, delli quali tengono senza discrepanza d’alcuno il primo luogo Dante, il Petrarca, ed il Boccaccio, è necessario mettergli da una parte, e dall’altra tutta Italia, alla qual provincia per amore (circa la lingua) di questi tre pare che qualunque altro luogo ceda; perchè la Spagnuola, e la Francese, e la Tedesca è meno in questo caso presontuosa, che la Lombarda. È necessario, fatto questo, considerare tutti li luoghi di Italia, e vedere la differenza del parlar loro, ed a quelli dare più favore, che a questi scrittori si confanno, e concedere loro più grado, e più parte in quella lingua; e se voi volete, bene distinguere tutta Italia, e quante castella, non che città, sono in essa; però volendo fuggire questa confusione, divideremo quella solamente nelle sue provincie, come Lombardia, Romagna, Toscana, Terra di Roma e Regno di Napoli. E veramente, se ciascuna di dette parti saranno bene esaminate, si vedrà nel parlare di esse grandi differenze; ma a volere conoscere donde proceda questo, è prima necessario vedere qualche ragione di quelle, che fanno che infra loro sia tanta similitudine, che questi che oggi scrivono, vogliono, che quelli che hanno scritto per lo addietro; abbiano parlato in questa lingua comune Italiana; e quale ragione fa, che in tanta diversità di lingua, noi ci intendiamo. Vogliono alcuni, che a ciascuna lingua dia termine la particula affermativa, la quale, appresso alli Italiani, con questa dizione sì