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intorno la vita e le opere di luciano. 63

confutato ed annullato, non si cura d’altro. Il concetto di Luciano attacca la religione dalle sue fondamenta, e l’abbatte, ed è lieto perchè vittorioso: ma sotto quella lietezza per noi c’è qualcosa di tristo, perchè si compie un’opera di distruzione. Luciano deride una religione non più creduta davvero, ma da furbi e da sciocchi mantenuta: ed egli sentendosi libero da ogni specie di credenza, e sicuro di esser libero e di aver vinto, si compiace di sè stesso, e sta sereno e scherza.

Questa serenità manca al concetto antireligioso dei moderni, i quali sentono che non han vinto nè possono vincere; perocchè il paganesimo cadde effettivamente dopo di Luciano, il Cristianesimo sta, nè per crolli cadere facilmente. Il Voltaire, che non troppo giustamente è stato paragonato a Luciano, è lieto per vanità e leggerezza, non ha la coscienza dì aver vinto, anzi sente che i suoi sforzi riusciranno inutili, e vuol nascondere a sè stesso questo sentimento di timore: onde il suo riso è motto e facezia, non opera d’arte. Il concetto del Goethe, del Byron, e del Leopardi, mentre è profondo e fieramente terribile, si dilarga ed abbraccia tutta la vita e l’universo: è il concetto

          Dell’infinita vanità del tutto,

in cui non vedesi altro di piacevole che l’arte, la quale è anch’essa una vanità, come la rosa che Margherita si piace a sfrondare: onde essi non hanno che un lieve sorriso su le labbra e l’amarezza nell’anima. I due primi trasmodano dalla forma ordinaria; la quale trasmodanza essendo necessaria alla natura del loro concetto ed in accordo con esso, è cagione di una bellezza nuova e terribile. Il Leopardi nella forma non trasmoda; è meno ardito perchè si sente meno libero, e non avendo