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del chiabrera | 357 |
Quivi la parola continga latina esprime quanto avvegna volgare. Perchè dunque adoperarla? Certo essendo noi forniti di moneta nostra è nostro onore non far debito con l’altrui, e molto meno commendo Dante in quell'altro luogo, ove cantò:
e ciò io voglio che detto sia con quella umile riverenza la quale si dee a sì grande intelletto. E sopra a questa vostra dimanda fattami vi do lode, perciocché mi siete partito alquanto discosto dalle scole, non dico de’ pedanti, ma...
B. Basta, non dite più innanzi. Ma io seguiterò: fatemi dunque chiaro se è mal consiglio, verseggiando, dimezzare una parola, come fa Pindaro sovente, ed alcune volte anco Orazio? Ben vi dee ricordare di quei versi saffici:
Non gemmis, neque purpura venale, neque auro:
Dove la venale serve a due versi.
P. Bamberini, voi siete non meno d'ingegno gentile che di maniere; segni ne sono i pensamenti che voi fate: ma io, domesticamente rispondendo, vi affermo, che ogni cosa poetando, secondo me, si può fare, purché bene si faccia. Voi sapete, che l'Ariosto mirabilmente scavezzò il nome di Fiordiligi; ora se alcuno mirabilmente saprà scavezzare un'altra parola, egli andrà di paro di quel cigno singolarissimo. Voi vorreste che fosse lecito comporre alcuna volta in questa maniera:
Ma rispose di no;
poscia ch'ella non po-
-teva mai consentirlo; et ancora
Il farlo non è mai;
poscia che natural-
-mente si fa.
B. A punto così, a cotesto modo.
P. In queste deliberazioni conviene fornirsi di arditezza, e raccomandarsi alla ventura. Certa cosa è, che i linguaggi onorali il facciano, e che si verseggierebbe con maggiore agevolezza; diciamo dunque, che bella cosa sarebbe all’uomo il volare, ma chi vi di arrischia creda di poter dare nome al mare facilmente.
B. Io debbo dirvi, che io leggo con grandissimo diletto i versi latini qualora sono per entro loro vocaboli scompigliati; e panni quel parlare appunto lontano dal parlare famigliare degli uomini. Ecco Virgilio:
At pater omnipotens aliquem indignatus ab umbris
Mortalem infirmos ad lumina surgere vitae?
Mortalem infitmos ad lumina surgere vitac?
Deono gli scrittori volgari avventurarsi, e seguire i Dedali di Roma e di Grecia, ovvero unicamente disporsi a volo?
P. Udite:
I belli, onde mi struggo, occhi mi cela.
Questi sono di quelli scompigli de’ quali voi prendete diletto:
B. E in parte, ma, a mio talento, è quivi piccolo scompiglio è egli così?
P. Vera del figlio Genitrice eterno.
Cotesto è quello di che io dimando; quivi sono quattro parole fra loro disperse, eppure manifestamente vedete come esse deouo accoppiarsi:
Sole sub ardenti flaventia dimetit arva.
B. Così vorrei io scompigliare.
P. Questo è ornamento di favella, io stimerei opera bene impiegala se i poeti nostri se ne addobbassero, bene è vero che la lingua latina presta maggiore comodità per questi scompigli, perchè di lei i nominativi, i genitivi e dativi e singolare e plurale sono fra loro diversi, onde con quello scompiglio non si genera confusione nè oscurità di sentimento, tuttavia:
. . . Labor omnia vincit
Improbus, et duris urgens in rebus egestas
risponderemo lealmente. Prima che Virgilio poetasse, credete, voi che si credesse potersi far versi i quali pareggiassero e per poco soverchiassero quelli di Omero?
B. Io credo che ciò comunemente non fosse creduto.
P. E ciò nonostante io veggolo adempiuto; ed il medesimo affermo di Cicerone. Chi al tempo di Catone sperato averebbe vedere un oratore somigliante a Demostene? eppure udito fu, e forse maggiore. Adduco questi esempi per provare che i linguaggi possono ogni cosa e non possono nulla, ma che le loro eccellenze sorgono per l'ingegno degli uomini che gli maneggiano.
B. Io son sicuro che io v’annoio con vili domande, ma sostenete per grazia il mio desiderio di sapere cose non grandi. I Greci furono molto apparecchiati a comporre le voci insieme, e di due vocaboli farne uno; i Latini andarono per questa via più lentamente in Parnaso, ma pure ne andarono, ora a’ Volgari sarebbe egli conceduto provarsi a cosi fatto viaggio?
P. O Bamberini!
B. Voi state molto pensoso: che è ciò? debbo io pentirmi di avervi pregato?
P. Io non voglio che ve ne pentiate, ma se io vi faccio cortesia di rispondervi, qual fia mercede per me di avervi risposto?
B. Sarà abbastanza due fiaschi di verdea? e sia quella di Arcetri?
P. Dirò col Petrarca:
Ho servito a Signor crudele e scarso.
B. Accompagnate loro altrettanti di vernaccia di san Gemignano.
P. A mano a mano appagherommi. Ma voi ch’avete podere a Legnaia, ove nascono si buoni poponi, perchè non ne offerite? siete voi cotanto ghiotto che lutti gli vogliate per voi?
B. Siano vostri quanti ne nascono sul mio.
P. Queste vivande Pitagora non le rifiutava, egli solamente era schifo di legumi: e però io, con l’abito pitagorico indosso, accetterò i vostri doni, e risponderovvi.
B. Io ve ne faccio preghiera.
P. Ma voi non ascoltate me siccome uomo il