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del chiabrera | 345 |
d’adempirla. Ma per più comodamente ragionare, e con minore rischio d'essere scorti, andiamocene colà lungo Arno, e su quella erbetta verde e minuta, sotto l’ombra negra di quei cipressi ci peseremo al sottile fischio dell’aurora; e per tal modo io, che me n'andava al Paradiso per godermi col Vidoni in sua villa, averò in un giorno doppio godimento, ora primieramente con voi, e poi questa sera con esso lui.
C. Veramente Arno è cotal fiume, che alle sue sponde ragionarsi di poesia è quasi necessario ragionamento, ricordandoci che nella sua città i maestri della Toscana poesia siano venuti al mondo. Ma voi, Orzalesi, siete col signor Strozzi stato in Roma molti mesi, e colà dovete pur assai nomini letterali avere conosciuti; ma due molto chiari specialmente, perciocché in Vaticano esser vi dovea conceduto ascoltarli a ciascuna ora, voglio dire monsignore Virginio Cesarini, e monsignore Giovanni Ciampoli.
Or. Con monsignor Ciampoli noi albergavamo, e l'altro ciascun giorno veniva a quelle stanze o per negozio, o per diportò. Ma perchè così mi dimandate voi delle loro persone?
C. Dirottovi, io sentiva per bocca di musici, ed anco per bocca d’altri, alcune maniere di versi, delle quali io soleva pigliar maraviglia. Ma da prima la maraviglia non mi metteva in alcun pensamento, perciocché il mondo fu sempre ripieno d'ingegni vaghi di strane fantasie; ma lo osservava, che le strane fantasie poco duravano, e quelle che poco deono durare, dalle persone valorose non si prezzano: ora i versi, di che io sono per favellarvi, ed anche le maniere di metterli insieme non sono, secondo che a me viene detto, disprezzali da quegli illustrissimi intelletti; e non potendo io persuadermi, che da loro si prezzino senza ragioni, vorrei, se da loro n’avete mai sentito far motto, che voi al presente meco alquanto ne ragionaste.
Or. Parmi impossibile cosa non potervene soddisfare: ben sapete, che non d'altro non si ricreavano quelle anime peregrine, salvo che di sì fatti discorsi, quando i gravi negozj loro consentivano ricrearsi. Ma quali versi, e quali loro modi vi turbano?
C. Mi turbo udendo, che fra il confine di dodici sillabe oggidì tutte le parole si hanno per verso; onde ne sorge una selva, che quasi diviene il verseggiare toscano uno improvviso e domestico favellare; e di più compongono canzoni di versi fra loro in maniera di versi, che alle mie orecchie mosti anzi anzi scompiglio che canto; e quale verso ha rima, e quale di rima senza; e uno ha rima su parola tronca, e altro su sdrucciolosa; ivi tal uno che fa sentire sua rima sul fine, e tal uno fatta sentire nel mezzo; chi la perde nella sua strofe e poi la ritrova nella non sua; che più? la lingua toscana, la quale suole naturalmente fornire tutte le parole in vocale, fassi per costoro cangiar costume, onde sentiamo le rime fornirsi in lettere consonanti alla maniera lombarda: somma io vado pensando, se l'armonia deggia tornare in confusione, e in vece di crescere la nostra poesia, ella si voglia estinguere. Certa cosa è, che i maestri antichi, di cui sì care risuonano tuttavia le rime, non tennero cotal modo, e nulla fecero di ciò onde questi moderni fra' trovatori; ma d’altra parie, se quei due gloriosi non se ne offendono, voglio andare lento in credere a me medesimo: e però pregovi a farmi piano il loro giudizio sopra ciò.
Or. Alcuna volta alcuni ho sentito discorrere intorno a questa materia; ma nè allora tutta io la intendea, ne ora saprei ridirlo: bene ho in mente, che non ereticano, nè aveano per vero, che il cosi comporre fosse comporre novello; anzi gli antichi avere questa via aperta da gire alle muse, tuttocchè essi per altro sentiero vi si fossero più volentieri condotti e di questo io posso trattarvi; ma che ciò fare sia o lodevole consiglio o biasimevole, non mi ricordo che essi affermassero o negassero.
C. Non mi sarà picciolo piacere udirvi sopra ciò; ma come domine? non è cosa nuova? Ove Dante ove Petrarca, ove niuno di quei secoli così rimò? Già non suole cotanto abbandonarmi la memoria; tuttavia quanto mi manifesterete dottrina a me più nascosta, tanto maggiormente rirnarrovvi obbligalo; ora dite per grazia.
Or. Noi abbiamo a ragionare di materie, le quali si vogliono disputare non con altro modo die con porre in mezzo l’esempio; e però nominate quelle maniere di componimenti, le quali a voi si mostrano non antiche, e io darovvi risposta di mano in mano, nè qui fa bisogno o lungo o leggiadro parlare: ma basta dire è così, o cosi non è: siate voi il primo, che io sarò il secondo.
C. Ecco una strofe picciola d’una canzone:
Ben egli agli occhi suoi ritolse il sonno,
E sua quiete al core;
Ma fornirsi i desir sempre non panno:
Talvolta è di diamante
L'era del gran Tonante.
Or. Che vi turba egli in questi versi?
C. Turbami, che il secondo verso non ha rima niuna compagna.
Or. E che dite sopra ciò?
C. Io dico, che lo reputo peccato.
Or. Che sia peccato, o non sia io nè affermo, nè niego: ma chieggo perchè pare vi sia peccato?
C. Per non dire altro, perchè gli antichi maestri, i quali hanno titolo di padri della nostra poesia, feciono altramente.
Or. Che essi facessero altramente io non voglo al presente contendo: e, perche se essi avessero fatto come questi moderni fanno, non avereste voi oggi di che questionare; ma hovvi da principio detto, ed ora vi ridico, che gli antichi hanno per modo di ragionare data licenza di cosi fare.
C. Di così fare? e come? e dove?
Or. Sapetemi voi dire di qual poeta sien questi versi?
chiabrera, testi ec. | 44 |