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146 | giovanni pascoli |
sognerebbe evitare ogni pastorelleria d’arcadia, bisognerebbe essere semplici, sinceri, umili, bisognerebbe adattarsi al soggetto...
— Ne tenterai?
— Forse, non per ora. Anzi ti dirò una cosa che ti potrà sembrare strana. Io vedo che nel teatro comincia a penetrare il pensiero, l’idea che serva di scheletro al dramma: non la tesi, intendimi, che è morte dell’arte. Quanto più il pensiero vivificherà il teatro, tanto più esso tenderà alla poesia, e torneremo alla poesia drammatica a mò di Shakespeare, non dei tragici nostri. E il primo passaggio potrebbe essere l’endecasillabo nostro, che ha forme così varie e così belle, ma lo si dovrebbe disporre in forma prosastica, un verso dopo l’altro, così da dare un periodo musicalissimo: questo fa in Belgio Maeterlink nelle sue fiabe, con il verso alessandrino. Ma questi son sogni. Il teatro, come è adesso, sopra tutto quello che hanno chiamato il teatro naturalista, è una forma d’arte povera ed inferiore.