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tri sottili appunti che faceva ai Promessi Sposi, notò pure il non avere Manzoni prodotto quella canzonaccia che cantavano i monatti. Stante che nessuno per piccolo o povero che sia, può tenersi sicuro di non cadere in mano degli assassini e dei critici, noi non vorremmo che, se simile gloria toccasse al presente racconto, avessero ad appuntarci di misfatto simile; e perciò per un soldo abbiamo comperato la canzone, in decasillabi come i ditirambi patriotici, e ne facciamo regalo ai lettori.

     Giubilanti ti stiamo d’intorno,
          Mole immensa d’antico valore;
          Si ripeta l’evviva in tal giorno
          Ch’è inebbriante di gioja ogni core.
     Sia di Berga, sia eterna la gloria
          Nè in oblio mai si ponga l’onore,
          Ed ai posteri cara memoria
          Sta per loro l’immenso splendore.
     E noi figli d’illustri campioni
          Su concordi innalziamo un evviva,
          Che le grida festose risuoni
          D’ogni intorno alla berica riva.
     Viva, viva ed evviva la festa;
          Viva, viva di patria l’amore,
          E all’evviva ognun si ridesta,
          Sia palese la gioja del core.

Se le parole non han l’approvazione grammaticale, se i versi non rispondono tutti all’orecchio e alle dita, da galantuomo non è mia calunnia; e quando i posteri la troveranno, gli eruditi sentimentali d’allora ammireranno questa canzone popolare, e la sua ingenuità, e il sentimento patriotico anche sotto al dominio straniero, e tutte quelle bellezze che i critici trovano dove vogliono, come trovano dove vogliono diffetti ed errori, dovessero pure inventarli.