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della Valle pretendea su ciascun molinello da macinar vernice. Egli volle che a sue spese si difendessero le ragioni dei Castellani, entrando pagatore per essi, qualora giuste non si trovassero e valevoli1.

L’Augusto protettore non dimenticò in avvenire le maioliche castellane; anzi avendole sempre a cuore, con decreto de’ 2 gennaio 1820 sgravò esse solamente dal dritto di bilancia, a cui erano state sottoposte con la tariffa doganale del 1818 tutte quelle che dal Regno venivano all’estero inviate2.

In quello che si cercava richiamare all’antico lustro siffatta manifattura, il Pontefice Pio VII, per favorire le officine dei propri stati, fecesi a gravar di dazione le nostre maioliche: ma poichè questa era di soli 8 paoli a cesta, non ne impedì l’immisione; chè per le richieste che vi erano, il dazio veniva a pagarsi da compratori. La qual cosa venuta agli orecchi di Leone XII, fu da lui questa gravezza elevata insino a baiocchi cinque per ogni libra. E quantunque fosse stata poi ridotta a baiocchi due da Gregorio XVI, pure oltrepassando del doppio il valore di tale manifattura, chiuse interamente il nostro traffico con gli Stati della Chiesa.

Tutte siffatte vicende non valsero a ritrarre al tutto gli artisti castellani dall’esercizio della loro arte, che sembra ad essi per un particolare privilegio concessa: e quantunque le maioliche che lavoravano fossero poco nominate, pure al cominciare del nostro secolo veniva-

  1. V. Documento H.
  2. V. Documento I.