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vivere riposatamente; ma altre calamità erano loro serbate. I torrenti che ai fianchi scorrono della loro patria, avendo d’intorno scoverte le fondamenta delle case, si temeva ogni dì che rovinassero: e infatti una notta di Febbraio del 1834, cadde l’antica Chiesa di S. Pietro e vari edifici vicini, con generale sbigottimento dei cittadini. La qual cosa come seppe il Commendatore Palamolla, che la provincia di Teramo allora reggeva, ogni opera fece per cessare i mali di quegli sventurati1. Di paterno zelo si mostrò e di animo affettuoso il Marchese di Spaccaforno, il quale, alzato poco dopo a sì nobile officio, delle sciagure di Castelli più volte parlò con calore al Consiglio Provinciale2. Nè minore fu la sollecitudine del Cavaliere Valia, che nell’amministrazione gli successe, poichè molto s’adoperò per campare dai pericolo l’infelice paese3. Il ch. Commendatore Roberti, che ora al governo presiede della detta Provincia, ogni sua cura ha parimenti rivolta, perchè la patria dei Grue altrove si riedificasse. Egli espose il quadro miserando davanti agli occhi dell’Augusto Monarca: e la M. S. volendo alla salute provvedere di così industriosi cittadini, con R. Rescritto de’ 12 Dicembre 1850, si degnò ordinargli che sul luogo si conducesse per ponderare la spesa occorrente per la nuova Castelli4. Essendo stato già compilato il lavoro, i Castellani an-

  1. V. Documento B.
  2. V. Documento C.
  3. V. Documento D.
  4. V. Documento E.