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IL RACCONTO


. . . . . . . . . . . . . O rebus meis
Non infideles arbitræ
Nox et Diana, quæ silentium regis,
Arcana cum fiunt sacra;
Nunc, nunc adeste....1


Per qual decreto questi spiriti irritati vengono essi a spaventarmi coi loro schiamazzi e colle loro ligure da folletto? Chi scaraventa davanti a me questi raggi di fuoco? Chi mi fa smarrir la via nella foresta? Orride scimmie i cui denti stridono e mordono, ovvero ricci che attraversano apposta i sentieri per trovarsi sui miei passi e ferirmi colle loro spine.


Shakspeare.


Aveva compiuti gli studi alla scuola di filosofia d’Atene e desideroso di conoscere le bellezze della Grecia, visitavo per la prima volta la poetica Tessaglia. Le mie schiave m’aspettavano a Larissa in un palazzo in ordine per ricevermi. Aveva voluto percorrere solo e nelle ore solenni della notte questa foresta, fumosa per i sortilegi dei maghi, la quale stende di lunghe cortine d’alberi verdi sullo rive del Peneo. Le cupe ombre che s’accumulavano sull’immenso baldacchino di legno lasciavano appena sfuggire attraverso i rami più radi, in una radura aperta senza dubbio dalla scure del boscaiolo, il raggio tremolante di una stella pallida e avvolta nella nebbia. Le mie pupille pesanti si abbassavano mio malgrado sugli occhi stanchi di cercare la traccia biancastra del sentiero cancellantesi nel bosco ceduo; e non resistevo al sonno che seguendo con penosa attenzione il rumore dei piedi del mio cavallo che cadendo simmetricamente sul suolo, ora faceva stridore l’arena e ora gemere l’erba secca. Se a volte si fermava, svegliato per l’appunto dal suo stesso riposo io lo chiamavo con voce

  1. Siate propizi alle mie imprese, arbitro non infedeli, notte e tu, Diana che governi il silenzio, quando si compiono i sacri misteri.