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demente, considerando che esso si trova, per dir così, solitario; poichè, dimostrata ormai ad esuberanza la falsità delle pretese Carte d’Arborea;1 dimostrato che non è del 1000, ma del 1606, la iscrizione volgare di Monte San Giuliano in Sicilia;2 passa ancora un secolo, prima che si trovi un altro documento autentico e di data certa, che sia degno di stargli vicino. Le singole forme volgari, che potremmo ancora spigolare qua e là abbondantemente, farebbero al suo confronto una ben magra figura; e solo nella seconda metà del secolo XI abbiamo una carta sarda, la quale, tenuto conto della stretta somiglianza che gl’idiomi di Sardegna hanno anche oggi col latino,3 può quasi considerarsi come del tutto volgare. Eccone,

    al decimosettimo e al secondo del principato de’ suoi figlioli. Mettendo invece (come ingegnosamente proponeva il mio egregio amico dottor Ignazio Giorgi) Landolfo al posto di Pandolfo, e Pandolfo al posto del primo Landolfo, tutte le indicazioni vanno d’accordo benissimo con la genealogia di que’ principi e con la cronologia, e se ne ricava la data precisa del 960. Pregato da me il dotto padre Piscicelli Taeggi, prefetto dell’Archivio Cassinese, di riscontrare l’originale del documento, egli m’ha risposto che la cosa sta precisamente come aveva congetturato il Giorgi.

  1. Su questa celebre falsificazione può, tra gli altri, vedersi il Bartoli, Storia della Letterat. ital.; vol. II (Firenze, 1879), pag. 389-416.
  2. V. lo scritto del Salinas nell’Arch. Stor. Sicil.; nuova serie, anno VII, pag. 166-69.
  3. È noto che Dante, con una di quelle sentenze nelle quali all’arguzia è sacrificato il buon senso, diceva che i soli Sardi, al suo tempo, non avevano volgare proprio [!], e che imitavano il latino, come le scimmie imitano gli uomini. (De Vulgari Eloquentia, lib. I, cap. XI.) Ed è del pari noto, che ne’ vari idiomi dell’isola s’è potuto scrivere lunghi componimenti, che sono al tempo stesso anche la-