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ne è figlia. Ma questo è uno di que’ tanti traslati traditori, i quali ci fanno spesso perder di vista la realtà delle cose.

I concetti, infatti, di madre e di figlia implicano necessariamente l’esistenza di due individui separati e distinti; mentre in realtà una lingua derivata da un’altra, nel fondo è sempre più o meno la stessa lingua.

II nostro Lanzi, nel secolo passato, disse giustamente che “ogni anno si fa un passo verso un nuovo linguaggio.„ E Guglielmo Humboldt, dopo di lui, disse che “la parola, piuttosto che un fatto, è un continuo farsi.„

Augusto Fuchs asserisce, e con ragione, che perfino “quelle parti in cui le lingue romanze sembrano essenzialmente diversificarsi dal latino, già si contenevano in esso, quantunque soltanto in germe.„1 Per esempio, in Plauto si legge: unus servus violentissimus; in Cicerone: cum uno gladiatore nequissimo; e in Curzio Rufo: Alexander unum animal est: frasi che contengono il germe dell’articolo indeterminato, che è in tutte le nuove lingue, e che il latino, per regola generale, non aveva.

Ovidio, per dire che starà forte a cavallo, dice: insistam forti mente, invece di insistam fortiter. E un obstinata mente perfer s'incontra in Catullo, un jucunda mente respondit in Apuleio. Ecco qui dunque il germe de’ mille avverbi neolatini

  1. Die romanischen Sprachen in ihrem Verhältnisse zum Lateinischen (Le lingue romanze nel loro rapporto col latino); Halle, 1819; pag. 53.