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Ben degna cosa si è, che fra noi si mantenga in osservanza il nobilissimo costume tramandatoci dai maggiori, d’encomiare qualche insigne nostro concittadino, nel giorno sacro al solenne rinnovamento dei corsi scientifici. Non è necessario vagare fra le tenebre d’età remote, per incontrarvi le sembianze di un personaggio memorabile, a cui la posterità riconoscente debba ravvivare la luce di quell’aureola che gli cinsero intorno al capo i secoli passati. In breve volger di tempo, la città nostra rimase orbata di uno splendido drappello di dotti che ne formavano la gloria: in pochi anni, ha veduto rapirsi celebri scienziati, letterati valorosi, giureconsulti prestantissimi. Fra tanti nomi che offrirebbero argomento di ben meritato encomio, io trascelsi, non senza grandissima trepidazione, quello di Mons. Celestino Cavedoni1, precarissimo ornamento ad un tempo della città nostra e di questo Ateneo. A me parve che un eco delle sue lodi dovesse risuonare eziandio entro le pareti di quest’aula nella quale anch’egli tante volte intervenne: e proponendomi a subjetto dei mio dire, un personaggio che
- ↑ Mezzofanti, dello Schiassi e del Bianconi. Durante la sua dimora in quella città, l’amico e compagno più intimo del Cavedoni fu Michele Ferrucci ora Professore nell’Università di Pisa. Il Cavedoni nacque d’umile famiglia a Levizzano, e suo padre fu un piccolo possidente e negoziante di pelli, con bottega a Vignola dove soleva recarsi, segnatamente nei giorni di mercato per esercitarvi il suo traffico. Dopo i primi studi fatti in patria, passò a Modena nel Ginnasio di S. Giovanni Battista, del quale era Direttore il giovane Professore Don Antonio Gallinari. La Rettorica era insegnata da Don Gaspare Manfredini ad magisterium mire compositus come dice l'iscrizione sepolcrale posta sopra la sua tomba nella Chiesa Parrocchiale dì S. Anna Pelago ove nacque e dove cessò di vivere in freschissima età l’anno 1818. Fu desso il primo maestro che educò il Cavedoni al culto delle lettere, questi a lui porse i primi saggi del suo ingegno, e il Manfredini ne rimaneva pago sì fattamente, che lo colmava d’elogi in faccia ai condiscepoli, e lo additava come modello di diligenza e d’ogni costume più gentile. Dopo gli studi fatti in Modena, passò poi a Bologna dove rimase cinque anni a profittare degl’insegnamenti del