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parlò sopratutto d’un certo romanzo dove la parte di Giulietta sarebbe stata recitata da una bionda e bella signora russa, e se ne parlò tanto sin da richiamarvi su l’attenzione dello stesso presidente del Buon Governo, che ne fece un rapporto al ministro dell’interno. Ma poscia il silenzio si fece intorno a quell’intrigo galante, incominciato e finito tra una passeggiata alle Cascine e una festa da ballo ai Pitti, e le avventure più o meno autentiche del giovine principe, mormorate nei crocchi delle belle signore, commentate nei palchi della Pergola fra un atto e l’altro dell’opera, ingigantite nei caffè sino a trasformare il futuro soldato del Trocadero in un don Giovanni Tenorio o in un Lovelace riveduto e corretto, finirono col diventare uno dei luoghi comuni della cronaca fiorentina di quel tempo.
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Firenze non rimase indifferente dinanzi a quel giovine principe che per un momento parve realizzare il sogno dell’unità e dell’indipendenza d’Italia. Anche quando per ingraziarsi Carlo Felice, che nell’intimità della sua coscienza reazionaria pensava con orrore che un giorno la monarchia di Vittorio Amedeo II e di Carlo Emanuele II avrebbe potuto avere per suo rappresentante un carbonaro scomunicato, partì per la Spagna per combattere i liberali, la città continuò ad occuparsi di lui. In un rapporto del 29 aprile 1823, l’Ispettore di polizia di Firenze scriveva: „In ora assai tarda della scorsa sera, fu assai parlato nel Caffè del Bottegone della subitanea partenza da Firenze, fatta da S. A. il principe di Carignano per l’armata francese per servire in Ispagna come aiutante del duca d’Angouléme. Fu detto essere stata richiesta questa mossa dal Re di Torino (sic), per dargli occasione di redimere l’estimazione perduta negli avvenimenti rivoluzionari del Piemonte. II marchese Pietro Torrigiani e l’avv. P. Del Rosso motteggiarono assai questo principe e poscia prendendo un tuono di gravità, si