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Era quindi naturale che la mattina del 18 marzo 1821, i bracchi dell’illustrissimo signor cavaliere Aurelio Puccini, presidente del Buon Governo, fossero tutti in moto per l'arrivo di S. A. R. Carlo Alberto principe di Carignano, anche perchè questo benedetto principe, che nessuno s’aspettava di veder capitare in quei giorni a Firenze, vi arrivava non da touriste, da innamorato del bel cielo toscano e dei capolavori d’arte antica e moderna che popolano la gentile città dell’Arno, ma vi cascava addirittura all’improvviso, come un bolide, all’indomani di quel po’ po’ di casa del diavolo ch’era avvenuto in Piemonte, ove egli, il principe, aveva rappresentato una parte, se non chiara e ben definita, certamente rumorosa, chiedendo al suocero Granduca un’ospitalità, non si sapeva bene se in veste da carbonaro o da principe, da proscritto o da erede presuntivo della corona Sabauda, da rinnegato o da vittima.

La Polizia, che in quel tempo dava la caccia (ma sempre colla tradizionale svogliatezza toscana) ai Carbonari e in ogni cittadino non professante le più schiette massime del vangelo del sanfedismo vedeva o le pareva di vedere un capo-vendita o per lo meno un cugino, doveva trovarsi, poveretta, parecchio impacciata dinanzi a quel giovine e cavalleresco signore, che i codini non amavano e i liberali coprivano di contumelie, ma che essa aveva l’obbligo, in pubblico, di cerimoniosamente ossequiare, e, in segreto, di spiare, sia per impedire ch’egli ripetesse, riveduta e corretta, l'impresa di Piemonte ove mai il suo ravvedimento fosse da burla, sia perchè un carbonaro non gli piantasse, fra una costola e l’altra, la punta d'un pugnale, ove per avventura la sètta avesse deciso di mandare all’altro mondo colui che già cominciava ad essere l’esecrato Carignano. Imperocchè, in quei giorni, quel principe (e chi poteva allora prevedere e lo Statuto largito con magnanimità di re ed affetto di padre, e il sole glorioso di Goito e di Pastrengo, e la notte angosciosa di Novara, e il dramma straziante d’Oporto?) era divenuto increscioso a tutti, ai sanfedisti e ai rivoluzionari, alla Santa Alleanza e alla Carboneria.

Insomma, Carlo Alberto cominciava allora a rappresen-