Pagina:Misteri di polizia - Niceforo, 1890.djvu/52


39


La Carboneria non venne regolarmente impiantata in Firenze che nel 1821, da Bartolommeo Sestini, l’autore del poemetto: Pia dei Tolomei, di ritorno da un suo viaggio in Sicilia, ove era stato iniziato ai misteri della sètta. I primi passi della segreta istituzione non restarono sconosciuti alla Polizia, la quale, peraltro, non vi prestò che una mediocre attenzione non credendo la Toscana terreno adatto ad attecchirvi sètte e settarii. In un rapporto del 24 febbraio 1821, l’ispettore di polizia indica i nomi dei membri dell’associazione. Parla d’un Renzi, d’un Niccolini, d’un Giusti, d’un Callaini (Lorenzo), d’un Montelatici, del priore del convento di Santa Croce. In un altro rapporto parla d’un canonico Salvagnoli, d’Empoli, d’un Valdangoli, impiegato, di Francesco Benedetti, autore di tragedie non ispregevoli. Ma incalzando gli avvenimenti nel resto d’Italia, dove la Carboneria era uscita dall’ombra per farsi rivoluzione, la polizia aprì gli occhi. Nel marzo di quell’anno, si supponeva che nella sola città di Firenze i carbonari giungessero ad un dugento, divisi in sei sezioni, e in relazione con Livorno, Empoli, Pontedera, Lucca, Prato, Pistoia, Pescia, Arezzo, Cortona, Perugia. Si diceva che fossero stati aggregati alla sètta, nella qualità di cugini, l’avvocato Capoquadri, l’avvocato Tosi, il dottor Parigi e il prete Marcucci. Con un rapporto del 13 dello stesso mese, si riferiva che si credeva che vi fosse stato aggregato anche il marchese Gino Capponi, allora di ritorno da un viaggio d’istruzione all’estero. Un servizio di spionaggio fu organizzato nell’esercito sotto la direzione dello stesso comandante supremo, e, a Firenze, codesto servizio fu fatto dal maggiore Antonio Pini, che dirigeva i suoi rapporti segreti al colonnello Fortini. I delatori volontari non mancavano. Si sentiva che il vento tirava favorevole alle spie e quindi fioccavano da tutte le parti le denunzie. Si denunziava come carbonaro il letterato Niccolini, segretario dell’Accademia di Belle Arti, Andrea Calbo, amico d’Ugo Foscolo, il poeta Sestini, di Pistoia. Altri delatori denunziavano il marchese Carlo Pucci, il marchese Pietro Torrigiani, di nuovo il marchese Gino Capponi, il poeta Luigi Leoni, il capo-comico Luigi Taddei.