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Più non s’oda barbarico grido
     Risonar per le nostre città;
     Torni pure all’antico suo nido
     Chi d’Italia il linguaggio non ha.

Queste liete e beate contrade
     Piè straniero non più calcherà;
     Non gli sposi alle spose adorate,
     Non i figli il crudel rapirà.


Ma i recenti rivolgimenti avevano fatto di troppo sentire ai Toscani il bisogno del quieto vivere, perchè accogliessero con simpatia il movimento unitario di cui s’era fatto campione re Gioacchino, senza tener conto del vecchio spirito d’autonomia allora vivissimo in molti e che impediva loro d’accettare un programma, che avrebbe ridotto le capitali dei singoli Stati italiani alle condizioni di un semplice capoluogo di provincia. Lo stesso generale Pignatelli-Strongoli, che comandava il corpo di occupazione in Toscana e che i momenti non consacrati a Marte dedicava alla galanteria, facendo la corte alla bellissima contessa Eleonora Nencini (la suonatrice d’arpa delle Grazie del Foscolo), non seppe coi suoi proclami unitarii destare l’entusiasmo dei Toscani per una causa, che il popolo guardava con occhio indifferente. Sul proclama che diceva: „Toscani, mentre il generale Nugent, straniero al suolo d’Italia, attraversava la Toscana con un corpo di stranieri, un corpo di napoletani vi passava per un’altra strada....„ un anonimo scrisse: „Signor generale Pignatelli, nessuno è più straniero all’Italia del vostro preteso Re e dei vostri capi d’armata. Viva Ferdinando III!„1

  1. Nelle Romagne, all’incontro, re Gioacchino era stato accolto come il liberatore d’Italia. Nell’Archivio Segreto si conservano molti proclami di quel tempo e tutti improntati al concetto unitario. II podestà di Faenza, il 31 marzo 1815, esclamava: „Tornano fra noi i valorosi ai quali è duce chi desta l’Italia tutta alla sua legittima indipendenza. Non sono stranieri.... sono fratelli venuti a scioglierci i ceppi onde fummo avvinti per tanti secoli„ Il prefetto di Forlì (1 aprile): „l’Italia sì lungamente straziata da estere genti, appella in oggi i suoi figli a stringersi attorno ad un re che ha spiegato il vessillo dell’indipendenza nazionale.„ In un’altra grida lo stesso prefetto termina dicendo: „Viva Gioacchino! Viva il Re d’Italia„