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Per riguardo all’organizzazione poi differivano di gran lunga; imperciocchè la basilica non aveva alcun porticato esternamente, ma lo aveva nell’interno per sostegno della copertura, per la ragione che doveva servire a contenere e riparare i magistrati ed il pubblico raccoltivi per il disbrigo degli affari; laddove il tempio aveva il portico al di fuori, se non tutto in giro, almen sul dinanzi della facciata anteriore1, ivi raccogliendosi solo il popolo, ivi solo praticandosi i sacrifizii, essendo l’interno riservato soltanto ai sacerdoti.

Premesso tutto ciò, il sito dove sono i nostri personaggi non è una piazza, ma l’interno di una basilica; le colonne della quale sono state scolpite sì prossime ai personaggi, in veduta grande e appena in numero di quattro, per la ragione che la poca distanza tra esse e quelli non permetteva che sì breve prospettiva. Se, come opinò Rossi, quel prospetto architettonico fosse esistito nel fondo di una gran piazza, per legge di prospettiva sarebbe stato abbracciato dall’occhio tutto intero, e l’artista l’avrebbe tutto scolpito nel suo quadro. Invece ve ne dovette raffigurar tanta parte quanta per legge di prospettiva vi si conteneva.

Quello sfondo architettonico rappresenta con molta verosimiglianza l’interno della basilica Ulpia, la quale, secondo dissi2, fu una delle maggiori opere fatte innalzare da Traiano su i disegni del suo celebre Architetto Apollodoro; lo dimostra pure l’ordine corintio dei capitelli. Oggi se ne ammirano gli avanzi maestosi dissepolti nel foro Traiano intorno alla celebre colonna coclide. Essa è la prova più splendida che quel Principe amò il pregio artistico delle sue opere più che il numero e la mole. Onde Plinio nel panegirico gli fa vanto di esser parco nell’edificare nuove fabbriche, ma diligente, di non aver fatto scuoter le case e traballare i tempii pel passaggio di immani sassi3, ma pur di avere innalzato splendidi circhi, templi, portici, e in sì breve tempo da far credere piuttosto ad un restauro di esistenti che alla costruzione di nuovi di sana pianta.

  1. Quatremère de Quincy, op. cit. vol. I. pag. 210 — Vitruvio trad. del Viviani, cit. giunta 1. del libro V.
  2. Paragrafo 5.
  3. Panegirico a Traiano Capit. LI.