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468 | della chiesa cattedrale di benevento |
e la mano destra meglio disimpegnata. Di fatti la Madonna in quest’ultima, traendo il braccio destro naturalmente di sotto il manto, regge nella mano un pomo, in atto di offerirlo in maniera dolce e vaga al bambino.
Ma non è stato per notare queste diversità di pregi che ho richiamata qui l’attenzione del lettore su queste due statuette, bensì per fargli trarre dal raffronto altre considerazioni di ordine superiore. Questa stretta analogìa tra le due statue deve obbligarci assolutamente a pensare che o l’una sia stata copia dell’altra, o che entrambe sieno state tratte da un altro modello. Ma, nell’un caso o nell’altro, è indubitato che la statuetta dell’ambone di Benevento abbia preceduta quella di Prato. Ho dichiarato estimare che questa statuetta della Madonna dell’ambone sinistro di Benevento sia anteriore a Nicola da Monteforte, sembrandomi che la tecnica di essa sia differente da quella con cui è scolpito il bassorilievo ove è effigiato l’autore. Supponendo però che sia anche opera di lui, sappiamo che sarebbe stata scolpita nell’anno 1311. Ora la Cappella della Cintola a Prato, secondo fa intendere Vasari1, sarebbe stata costruita dopo l’anno 1312, in cui avvenne il furto della Cintola di Nostra Donna, furto che ispirò i Pratesi di far costruire da Giovanni quella Cappella per tenervela più al sicuro.
Essendo dunque la statuetta del nostro ambone anteriore a quella di Prato di Giovanni da Pisa, devesi pensare che o tutti e due gli autori abbiano copiato, o quegli abbia copiato dal nostro Nicola da Monteforte.
Ma in tutti e due i casi è a por mente che vi sia stata stretta relazione tra gli artisti così detti della Scuola Pisana e i nostri, quella relazione che finora mi sembra sia stata troppo trascurata dagli scrittori di cose d’arte. Secondo me la storia dell’arte nostra dai secoli barbari a dopo il mille, fino all’alba del rinascimento, non è stata scritta con molta fedeltà, perchè si son trascurati gli elementi più essenziali, quali furono i prodotti artistici di queste nostre regioni meridionali d’Italia, dove le tradizioni dell’arte (checchè se ne pensi da altri) non si perderono