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via egnatia—ponticello 255

nel tempo che già era stato innalzato l’Arco a Traiano da questo devesi prender le mosse. La via dunque da esso muoveva, e, appoggiando a destra, con leggiera curva per il suolo occupato oggi dalla sudetta chiesetta, perveniva dopo circa mezzo chilometro al Ponticello che cavalca il vallone omonimo quasi alla influenza nel Calore.

Ponticello. È interessante fermarci su di esso alquanto. Ha una sola luce semicircolare di diametro m. 5,05 e di larghezza m. 9,80 verso la spalla sinistra e m. 9,10 verso la diritta. Attualmente il volto ha sopra corrente un anello di muratura moderna di laterizii, di larghezza media m. 0,57; poi un altro, ed è l’antichissimo, della larghezza di m. 4,85, costituito di regolari cunei di tufo trachitico; quindi un terzo della larghezza di m. 1,25, pure di tufi, e, come il precedente, pure di epoca romana, ma meno antico, perchè mostrasi aggiunto; e infine un quarto anello di muratura laterizia, molto recente, per la restante larghezza.

I due anelli di tufo poggiano sopra spalle degli stessi materiali. I cunei di questa sezione hanno l’altezza quasi eguale, da m. 0,34 a 0,35, e lunghezza varia, ma per lo più oltre un metro. Non si può scorgere, a causa delle moderne costruzioni che li serrano, quali sieno le loro rientranze dall’intradosso all’estradosso. È notevole il magistero accuratissimo col quale sono commessi, per cui le unioni appena scorgonsi da presso. Sembra che per ottenere questo risultato i piani di posa sieno stati orsati, così come dissi essere stato praticato per quelli dell’Arco Traiano1.

Questo ponticello, il quale deve il suo nome giusto alle modeste proporzioni, ha non per tanto una importanza grandissima. Innanzi tutto, per esser sopravvissuto alla distruzione della via romana che vi passava, ce ne ha potuto conservare un punto preziosissimo. Poi la sua struttura murale di massi regolari di tufo trachitico ci attesta, insieme ad altri fitti che verrò svolgendo, che i più antichi ponti per questa regione del Beneventano erano di simile struttura. Esso, per di più, è ricordato sovente nei documenti dell’epoca longobarda. Così negli atti della

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