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Monarchia per attestato del Boccaccio1, di Gio. Villani,2 e di altri; ma non è sicuro, secondo che alcuni dicono, se quella, la quale noi abbiamo presentemente, e che porta in fronte il nome di Dante, sia quella appunto, che egli compose, perchè Gio. Mario Filelfo nel parlare della medesima ne riporta il principio3 che non concorda con quello degli stampati. Ma io non saprei meglio rispondere a ciò, se non facendo riflettere, che fino dalla metà del secolo XV. in circa era tenuta per opera genuina di Dante quella, che noi di presente crediamo tale. Imperciocchè in quel tempo nel breve giro di pochi anni fu la stessa due volte tradotta dalla lingua Latina nella nostra Volgare, e sempre chi lavorò queste due versioni, ebbe in animo di volgarizzare il vero libro di Dante de Monarchia. La più antica tra-

  1. Nella Vita di Dante, secondo l’edizione fattane dal Biscioni con le prose quì sopra accennate pag. 259. È da osservarsi che nell’impressione di questa Vita pubblicata dal Sermartelli nel 1576. non si trova alcuna cosa intorno alla Monarchia: ma questa Vita varia molto nei manoscritti, siccome ci avverte il mentovato Biscioni nelle sua annotazioni sopra la medesima.
  2. Loc. cit.
  3. Secondo il Filelfo il libro della Monarchia di Dante incominciava «Magnitudo ejus qui sedens in Throno cunctis dominatur» e questa testimonianza ha avuto tanta forza nell’animo dell’Abate Mehus, che ha servito per far dichiarargli apocrifo il testo che va per le mani comunemente, come si può vedere nella vita del Traversari pag. CLXXV. Giuseppe Antonio Sassi in Historia librario-Typograph. Mediolan. tom. 1. Bibl. Script. Mediol. ad annum 1473. pag. 131. asserisce, che in un codice della Biblioteca Ambrosiana contenente le Opere di Dante si legge «Nota secundo, extare libros tres De Monarchia Dantis Aligheriis Florentini, quem alium faciunt a Dante isto Poeta» e l’Oporino che nel 1559. pubblicò, come siamo per dire, questo libro, nella Prefazione con cui l’indirizza a Gio. Fricher, ha voluto insinuare che non è composizione «vetustioris illius Florentini Poetae celeberrimi, sed philosophi acutissimi atque doctissimi Angeli Politiani familiaris quondam» lo che essere una favola dice l’Apostolo Zeno (Lett. Vol. 11. num. 251.) di averlo dimostrato in certe sue memorie manoscritte intorno alla Vita, e Scritti di Dante; e poco ci vuole per esserne convinti, osservando quello che siamo per dire.