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86 | dei doveri dell’uomo. | [1841-1860] |
cani. Ma gli uomini delle credenze del medio— evo non potevano intenderla. Non erano maturi i tempi.
Tutto l’edifizio delle credenze che successero al Paganesimo posa, a ogni modo, sulle basi or ora accennate. È chiaro che neppur su queste poteva fondarsi la vostra emancipazione qui sulla terra.
Mille trecento anni a un dipresso dopo le parole di Gesù or citate, un uomo Italiano, il più grande fra gl’Italiani che io mi conosca, scriveva le verità seguenti: «Dio è uno; l’Universo è un pensiero di Dio; l’Universo è dunque uno esso pure. Tutte le cose partecipano, più o meno, della natura divina, a seconda del fine pel quale sono create. L’uomo è nobilissimo fra tutte le cose: Dio ha versato in lui più della sua natura che non sull’altre. Ogni cosa che viene da Dio tende al perfezionamento del quale è capace. La capacità di perfezionamento nell’uomo è indefinita. L’Umanità è Una. Dio non ha fatto cosa inutile; e poiché esiste una Umanità, deve esistere uno scopo unico per tutti gli uomini, un lavoro da compiersi per opera d’essi tutti. Il genere umano dovrebbe dunque lavorare unito, sì che tutte le forze intellettuali diffuse in esso ottengano il più alto sviluppo possibile nella sfera del pensiero e dell’azione. Esiste dunque una Religione universale della natura umana».
Quell’uomo aggiungeva che questa religione universale, questa Unità del mondo doveva avere chi la rappresentasse: e accennava a Roma, la Città Santa, le di cui pietre, ei diceva, erano meritevoli di riverenza.
L’uomo che scriveva quelle idee aveva nome Dante. Ogni città d’Italia quando l’Italia sarà li-