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andata circumcirca per sollazzo ed esercizio dei signori ovvero priori; e tutti questi si possono far divisi e ordinati in un medesimo piano o in due, secondo il luogo richiedesse, con adequamenti o senza1: ma io sarei di parere che fussero elevati e costituiti ad uso di fortezza, per tutte le occasioni che occorrer potesse, e massime per potere alcune volte resistere alle volubilità e furie de’ popoli. E tutto questo consiste nel sito e discrezione dell’architetto2. E nella parte superiore circumcirca il dormentorio siano cucine, dispense, destri, tinelli, barberìa e altre stanze al servizio de’ signori, de’ servitori e famigli, secondo la opportunità che il loco richiedesse.


CAPO XI.

Dei palazzi de’ Principi.

I palazzi dei signori ovvero principi devono innanzi avere un’ampla piazza intorno libera ed espedita. Puossi fare innanzi all’entrata un portico lungo quanto la faccia con logge soprapposte, dipoi un’ornata porta e entrata in mezzo della casa con andito, atrio, ovvero cortile di portici e logge circondato, i quali siano deambulatorii e per i quali intorno a tutte le stanze di quel piano si possa entrare: dove sieno salotti, triclini, camere, postcamere, cancellerie, bagni, stufe con loro profumi e frigidarii. Sotto queste abitazioni siano canove, stalle, ripositorii della legna, forno, e altri luoghi da preservare olio, grano e altri frutti. Sopra del primo pavimento si deva pervenire per late scale in una loggia sopra i detti cortili; e appresso a questa loggia deva essere una sala grande e principale, la quale debba essere sopra

  1. Adeguamenti cioè che il palazzo comunale può essere pareggiato alle case cittadinesche, benchè l’autore meglio propenda a metterlo in fortezza.
  2. Questo capitolo, pel quale inutili erano all’autore gli esempi e gli scrittori antichi, è uno de’ migliori dell’opera tutta. L’Alberti ed il Filarete, cittadini di Comune, ma vezzeggiatori de’ Medici, scrissero della casa del Principe, tacquero di quella della signoria. Il barbiere pel quale è qui assegnata una stanza non mancava mai a’ que’ tempi ne’ grandi palazzi: così chiamavano gli operatori della bassa chirurgia, de’ quali è frequente menzione negli Archiatri pontificii del Marini.