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decimoquinto, e, fra gli stampati, primo ad unire alla pratica le lezioni teoriche, primo per epoca dopo l’Alberti, primo a scrivere nella lingua nostra: per lui sarà dato agli studiosi della lingua un libro scritto da un Sanese sullo scorcio del decimoquinto secolo, condizioni che da sè sole c’indicano un testo del nostro bel parlare: per lui avranno gli amatori delle patrie glorie, i buoni Italiani, quegli scritti ne’ quali quella mente sagace ed indagatrice di Francesco deponeva i germi di tante preziose scoperte, l’applicazione delle quali ostando alla potenza delle artiglierie, fu la salute di tanti piccoli stati; per lui finalmente godremo di un bel tratto di patria carità, quando sarà pagato dal Piemonte un debito della gentile e maestra Toscana, ed avremo veduto la provincia nostra concorrer zelosa ad accrescere il comune patrimonio di gloria.

All’illustre Personaggio che pensava a ridare agl’Italiani il loro Francesco di Giorgio, distratto dai pubblici negozi, falliva il tempo: mi richiese dell’ufficio mio, ed io volonteroso subentrava all’incarico, ponendo mente piuttosto alla utilità che ne sarebbe ridondata agli studi, che non ai mezzi ch’io m’avessi onde poter condurre a buon fine siffatta impresa. Ciò dico, onde mi valga presso il cortese lettore la buona intenzione che mi guidava, e sia scusato almeno in parte, qualora, dovendo dire molte e nuove cose, io avessi errato per meno esatte od insufficienti notizie.

Ora esporrò la ragione della pubblicazione presente. Precede la vita dell’autore tessuta su documenti auten-