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98 catalogo de’ codici


III (A) Codice architettonico di monumenti antichi di Roma e d’altri luoghi, con appendice di ornamenti e fregi. Membranaceo in-folio, faciente sèguito e corpo col codice n.o II (A) ora descritto, dal f.o 71 recto al f.o 100 ed ultimo. I disegni riconosconsi di mano di Francesco di Giorgio, ed i loro titoli sono dello stesso amanuense che copiò il riunito trattato. L’epoca è quella già segnata pel sopraddetto codice: anzi dal titolo scritto sotto la elevazione di Santo Stefano Rotondo in Roma ricaviamo che questa raccolta è posteriore al pontificato di Nicolò V, che fu papa dal 1447 al 1455, e più strettamente la diremo posteriore all’anno del giubileo 1450, durante il quale furono da questo pontefice ristaurate le sette basiliche (1). Un altro indizio ancora se n’ha allo stesso foglio 84 dove è l’elevazione di un tempio monoptero periptero, col titolo: attrio Pompei per maggior parte ruinato. Achanto la casa di Monsignor di Siena (2); ora questo monsignore, ossia arcivescovo o cardinal di Siena, che è tutt’uno, non è altri che Francesco figlio di Laudemia Piccolomini sorella che era di papa Pio II, dal quale fu il nipote sollevato all’archiepiscopato in patria ed alla romana porpora l’anno 1460 (3) e fu legato di Roma, e perciò vi aveva abitazione fissa, quando lo zio morì in Ancona nel 1464 (4). Anche queste indagini vieppiù confermano quanto nella vita di Francesco si è detto, cioè ch’egli soggiornasse in Roma sino al 1467: e quanto già scritto aveva il Vasari, che l’autor nostro per darsi troppo all’investigazione degli antichi anfiteatri, mise poi manco studio nella scultura; e Cecco stesso nel suo trattato soventi

  1. Al f.o 84 recto così è scritto: «Hedifitio ruinato. Le cholonne et circulatione dele volte di fore, el qual fu ornatissimo. Rafacionollo papa Nichola. Ma molto più lo guastò. Dicesi S.cto Stefano Ritondo». Giannozzo Manetti (Vita Nicolai V apud R. I. S. vol. III, pars II, col. 931) lo dice ristaurato da questo Pontefice, sotto la direzione (aggiungono le guide di Roma) di L. B. Alberti.
  2. Quest’atrio di Pompeo dovrebb’essere ciò che allora volgarmente dicevasi Satrio, quantunque oscuro edifizio ed incerto esso sia. Vedi Biondo, Roma instaurata, lib. II, f.o 31. Tornano a proposito ed a schiarimento le parole di Jacopo Volterrano scrittor di que’ tempi (R. I. S. vol. XXIII, col. 196). Habitat Cardinalis Senensis in magnificis aedibus a se constructis, inter pontificiam viam (via papale) et Pompeii theatrum, quod nunc Campum Florae vocamus. E lo stesso dice Gaspare Veronese nel libro II de gestis Pauli II.
  3. Ughelli in Episcopis Senensibus, col. 578.
  4. Ciacconius, Vitae Pontificum, vol. III, col. 210.