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VIII.


Il Manzoni e Vincenzo Monti.1


Il professore Stoppani narra un aneddoto, secondo il quale il giovinetto Manzoni sarebbe stato corretto dal vizio del giuoco, per un solo affettuoso rimprovero che gli fece Vincenzo Monti. «Il così detto Ridotto del Teatro alla Scala» era allora precisamente un ridotto di biscaiuoli. L’inesperto Alessandrino si era

    Pronea, di cui diceva: «Misera concezione, frasi grottesche, verseggiatura di dramma per musica e per giunta gran lezzo d’adulazione, infame ad ogni scrittore, ma più infame ad un ottuagenario che non ha bisogno di pane o poco omai può temere dalla fortuna,» non dovea perdonare più tardi al Monti la dedicazione servile della sua Iliade al Beauharnais. È giusto tuttavia avvertire che il Monti divenne aperto nemico dell’Autore dei Sepolcri, la polvere dei quali minacciava di scuotere, solo tre anni dopo. Ma poichè il motivo primo della guerra fu la rivalità per la versione dell’Iliade, il primo saggio pubblico della quale comparve insieme coi Sepolcri nel 1807, non mi pare improbabile che, quantunque per tre anni nelle loro esterne relazioni i due poeti siansi mostrati amici, in privato avessero già incominciato a lacerarsi. Checchè ne sia, per altro, dell’intendimento, col quale fu scritta la nota de’ Sepolcri, essa basta in ogni modo a provare l’amicizia e la stima che il Foscolo nutriva pel giovine Manzoni; come il Parini aveva pronosticata la gloria poetica del Foscolo, così il Foscolo augurò bene di quella nascente del Manzoni. Quando poi questi si convertì al Cattolicismo, e diede motivo a molti commenti maligni, tra i quali non doveano mancare quelli dei mitologisti Montiani, il Foscolo, che aveva potuto pregiare la sincerità de’ sentimenti del suo giovane amico, ne prese apertamente in Milano le difese, come rileviamo da una nota lettera di Silvio Pellico a Nicomede Bianchi.

  1. Cfr. il paragrafo VI.