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86 introduz. alla scienza sociale [§ 64-66]


64. L'irreligione, dai discorsi dei filosofi e dalle produzioni della scena, spargevasi nel popolo, ma non senza resistenza. Euripide principiava il suo dramma, intitolato Melanippe, dicendo: «Zeus, chiunque sia, giacchè di lui so solo il nome»; ma tanto ne fu offeso il pubblico, che egli dovette mutare quel verso1. Nei suoi drammi vi sono molti passi diretti contro la religione, almeno come era volgarmente intesa; ed egli pone pure in dubbio i fondamenti della morale2.

65. Notevolissimo è il caso di Socrate. Egli era rispettosissimo delle credenze religiose popolari, moralissimo, ossequente alle patrie leggi sino a soffrire la morte per non sottrarvisi: eppure, l’opera sua fu diretta involontariamente a distruggere la religione, la morale, l’amor patrio; e ciò perchè colla sua dialettica, collo spingere gli uomini ad indagare colla ragione le cagioni di quei sentimenti, li scalzava dalle radici. Abbiamo così un esempio caratteristico della teoria generale espressa nel paragrafo 43.

66. Per tal modo si hanno conseguenze in apparenza paradossali; cioè si vede che mentre le accuse


  1. E disse: «Zeus, come veramente sei chiamato» Plut., Amat., XIII, 4. Vedi anche Luc., Iup. trag., 41; Iustin. Mart., p. 41.
  2. Phen., 504, 525; Io, 1051; ecc. Per altro le parole che egli pone in bocca a Ippolito, dicendo che «la lingua ha giurato, non la mente», e che a lui furono spesso dai contemporanei rimproverate come immoralissime, vogliono veramente significare che la promossa ottenuta con frode e con incanno non è da osservarsi; ed è cosa che, entro certi limiti, si può concedere. Abbiamo in quelle parole un esempio di casuistica. Systèmes socialistes, I, p. 29. Arist., Rhet., I, 15, 29.