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[§ 15-16] appendice 509

x, y, z..., si eliminano in (28) parte di quelle variabili; le altre che rimangono si possono considerare come indipendenti, e torniamo ai casi precedenti.

Quando i beni non sono rigorosamente complementari, si può approssimativamente, entro certi limiti, considerarli come aventi la dipendenza del 1.° genere (α) (IV, 12).

Studiamo la dipendenza di 2.° genere (IV, 16). La differenza colla dipendenza dei beni rigorosamente complementari sta in ciò che per questi, data la quantità di uno dei beni, sono determinate anche quelle degli altri; mentre per la dipendenza di 2.° genere sono solo determinati certi limiti di quelle quantità. Per esempio, dato il numero dei coltelli da tavola x, è pure determinato il numero dei manichi y, cioè x = y. Invece, se supponiamo che un uomo deve nutrirsi mangiando certa quantità di pane x, e certa quantità y di polenta, avremo, a modo d’esempio, che x può variare tra zero ed uno, mentre y varia tra due e zero, essendo possibili tutte le combinazioni intermedie. Per quelle combinazioni valgono le considerazioni fatte pel 1.° genere di dipendenza della 1.a specie (α). Ai limiti delle combinazioni si devono considerare le gerarchie delle merci (IV, 19).

16. Dalle cose sin qui dette si vede quanto sia difficile di usare l’analisi matematica per il problema delle ofelimità in generale1. La difficoltà nasce anche da ciò che l’analisi si presta malamente a trattare funzioni discontinue dal genere di quelle che occorrono per figurare le ofelimità.


  1. Nel Giornale degli Economisti, Roma, sett. 1904 il prof. Boninsegni ha pubblicato un ottimo studio, in cui indaga «le funzioni di domanda e di offerta nel caso del baratto, supposte le ofelimità elementari lineari».