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introduz. alla scienza sociale |
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pel paragone di fatti egualmente presenti; ed abbiamo su ciò la pregevolissima testimonianza di Polibio. Egli osserva1 che «l’eccesso di religione, stimato vizio presso altri popoli, è ciò che mantiene la repubblica romana. La religione è esaltata e ha straordinaria potenza in ogni privato negozio. Di ciò molti stupiranno: ma io stimo che da essi sia fatto per via della moltitudine2. Se fosse possibile comporre una repubblica tutta di savi, forse tale ordinamento non sarebbe necessario... Quindi a me pare che gli antichi tali opinioni circa agli dèi ed alle pene dell’inferno non a caso nè temerariamente presso il volgo hanno introdotte, mentre molto più temerariamente e dissennatamente sono state dai moderni rigettate3. Onde, pur tacendo di altro, coloro che presso i Greci trattano la pubblica pecunia, se ad essi si affidi un solo talento, quando anche abbiano dieci mallevadori, dieci sigilli ed il doppio di testimoni non serbano fede: mentre presso i romani coloro che nelle magistrature e nelle legazioni molta pecunia trattano, a cagione solo del giuramento, serbano la fede». Ma presto, ai tempi di Sallustio e di Cicerone, diventarono i romani ciò che erano i Greci ai tempi di Polibio.
- ↑ VI, 56, 7 e seguenti.
- ↑ Ἐμοί γε μὴν δοκοῦσι τοῦ πλήθους χάριν τοῦτο πεποιηκέναι.
- ↑ Con Scipione l’Africano usava un’eletta schiera di amici, tra i quali era Polibio; ed è molto probabile che questi riproduca qui concetti che erano di tale società.
Posteriormente, Cicerone, De har, resp., 9, fa proprio un concetto che era volgare in Roma osservando che a cagione della religione i romani avevano vinto gli altri popoli: omnes gentes nationesque superarimus